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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2011 alle ore 08:16.
Cresce la domanda di mutui a tasso variabile con cap. Prodotti che proteggono dall'aumento delle rate oltre una certa soglia di tassi. Non è detto, però, che questo trend di mercato stia centrando la soluzione più conveniente. Per gli esperti, infatti, questa tipologia di mutuo dal punto di vista finanziario, stipulato alle condizioni attuali, rischia di risultare troppo cara.
«Risponde a un'esigenza emotiva forte dei richiedenti, ma nasconde una bassa convenienza – spiega Stefano Rossini, amministratore di FairOne, società che gestisce il servizio MutuiSupermarket.it –. Innanzitutto perché la soglia del cap sta aumentando. Ormai la media si è spostata dal 5,2 al 5,7 per cento. Ciò significa che, ipotizzando uno spread dell'1,7% dovremmo aspettarci un rialzo degli Euribor (i parametri a cui è agganciata la maggior parte dei mutui variabili, ndr) al 4%, di circa 275 punti base rispetto ai livelli attuali». Il tema non è se l'Euribor possa raggiungere tali livelli, perché statisticamente tende a oscillare tra l'1 e il 5%, ma per quanto tempo possa restarvi. Perché il lasso di tempo in cui la protezione verrebbe esercitata rischia di essere esiguo, tale da non ammortizzare i 50 punti base in più di spread che un variabile con cap costa oggi in media in più di un variabile puro.
«Inoltre – conclude – considerando che la quota di interessi sui mutui incide molto di più nei primi anni, l'esercizio del cap può avere un impatto notevole sulla rata solo sui primi 10-15 anni di un mutuo medio a 25 anni perché poi la rata sarà indifferente alla dinamica dei tassi e quindi il costo della protezione risulterebbe pressoché vanificato». Anche per Roberto Anedda, vicepresidente di MutuiOnline.it, i mutui a tasso variabile con cap, benché rappresentino il 21% del mercato, sono poco vantaggiosi in una logica di lungo periodo. «Gli istituti hanno via via aumentato le soglie del cap. Oggi ci sono solo due banche che attuano, ma ancora per pochi mesi, cap inferiori al 5,5%. Mentre in molti casi si sta superando la soglia del 6%. Tali formule sono in aumento rispetto al 2010, dal 17% al 21%, ma stiamo assistendo a un piccolo ridimensionamento negli ultimi due mesi dopo il picco del 27% a febbraio. Riposizionanamento che sta avvantaggiando i mutui a tasso variabile, saliti al 39% e quelli a tasso fisso, che rappresentano il 35% del mercato».
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