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Questo articolo è stato pubblicato il 18 maggio 2011 alle ore 07:52.
di Dino Pesole
BRUXELLES. «Scandaloso. Non mi sento di esprimere una valutazione positiva. Sono norme scritte in Svizzera». Il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti non ricorre a mezzi termini nel definire sostanzialmente irricevibile il progetto di revisione della direttiva Ue sulla tassazione dei redditi da risparmio dei non residenti.
Il punto nodale è che le norme non prevedono sanzioni - osserva nel corso del suo intervento all'Ecofin - con la conseguenza che di fatto i Governi europei ne accettano «la sistematica violazione». Ma Tremonti si spinge anche oltre: l'Italia - aggiunge - è pronta a sottoporre il caso all'attenzione della Corte di Giustizia.
Trattativa sospesa, almeno per ora, poiché occorre l'unanimità per deliberare. Non sembra però particolarmente preoccupato l'ungherese Gyorgy Matolcsy, presidente di turno dell'Ecofin, che nella conferenza stampa conclusiva della riunione, preferisce soffermarsi diplomaticamente sui passi in avanti compiuti finora. «Paesi che prima avevano posto il veto come Austria e Lussemburgo hanno rivisto la loro posizione». Si prende atto che «altri Paesi non hanno dato il loro sostegno». La discussione proseguirà e verranno avanzate nelle prossime riunioni ulteriori ipotesi di compromesso, come la costituzione di un'authority ad hoc.
La posizione di Tremonti peraltro era già sostanzialmente nota alla stessa presidenza ungherese, che ha avviato nei giorni scorsi un confronto preliminare con Roma. Al momento chiusosi però con un eloquente nulla di fatto.
Le critiche di Tremonti non sono peraltro una novità in sede europea. Il ministro dell'Economia ha espresso a più riprese le sue riserve sul contenuto della nuova direttiva, accettata nel 2003 in linea di principio, ma solo perchè allora era l'Italia a ricoprire la presidenza di turno dell'Unione europea. Nel dicembre dello scorso anno ha chiesto un rapporto di Bruxelles che mettesse in luce le violazioni alla direttiva sulla fiscalità del risparmio, attraverso il ricorso a espedienti come i trust per evitare l'obbligo di identificazione dei depositanti.
Ora torna all'attacco e annuncia il veto se non vi sarà un esplicito impegno a «definire sanzioni effettive». In mancanza di un preciso meccanismo sanzionatorio, quella in discussione «è filosofia, un esercizio di buona volontà, non una regolazione seria».
Sub iudice è in particolare la parte della direttiva che impone agli Stati membri di scambiare informazioni, così da consentire che gli interessi maturati da quanti risiedano in un altro Stato siano tassati secondo le leggi dello Stato di residenza. Nel mirino di Tremonti vi sono soprattutto le banche. La direttiva - osserva - è un esempio che mostra come non sia la Svizzera «a entrare in Europa, ma l'Europa a entrare in Svizzera: forse si tratta di una soft regulation». In realtà, quello in discussione non è un testo giuridico «ma un optional che si offre alla buona volontà degli operatori e degli Stati».
La tesi esposta dal titolare dell'Economia ai colleghi dell'Ecofin è che se ci si rivolge a una banca con una piccola somma, scatta la ritenuta. Se il capitale è elevato, è la stessa banca «che lo piazza in una banca off-shore o su una darwiniana evoluzione di strumenti assicurativi. A Lugano ci sono più società off-shore che nelle isole Cayman. In Italia con lo scudo fiscale il rimpatrio dei capitali è stato enormemente superiore a quello dichiarato dagli Stati e dalle banche».
La conclusione del ragionamento è che siamo in presenza di una «fortissima asimmetria». Motivo per il quale è stata avanzata una richiesta esplicita alla Commissione per una «analisi della situazione. Non l'abbiamo ancora vista».
Si tratta di un testo che all'apparenza contiene misure condivisibili: «È tutto perfetto nella direttiva, come l'identificazione del beneficiario, gli aspetti di criminalità. Ciò che non è perfetto è che viene sistematicamente disattesa».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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