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Questo articolo è stato pubblicato il 22 maggio 2011 alle ore 14:23.

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S&P: outlook negativo per l'ItaliaS&P: outlook negativo per l'Italia

L'incertezza politica pesa sulle aspettative di crescita, che si riducono, e nel contempo aumentano i rischi legati al piano di riduzione dell'indebitamento per il 2011-2014. Parte da qui la motivazione con la quale Standard & Poor's ha rivisto l'outlook sul rating dell'Italia da stabile a negativo. Allo stesso tempo, l'agenzia newyorkese ha confermato il rating a lungo termine A+ e a breve termine A-1+ sul debito sovrano. Il rating sul rischio di trasferimento e convertibilità fondi rimane AAA. Le prospettive riviste implicano una probabilità del 33% che i rating vengano abbassati entro i prossimi 24 mesi.

Il taglio dell'outlook ha in qualche modo colto di sorpresa i mercati, anche in ragione di un rapporto deficit/Pil migliore di diversi Stati dell'eurozona e di una dinamica debito/Pil che, pur partendo da livelli assoluti molto elevati, è apparsa più rassicurante rispetto a Paesi considerati nell'occhio del ciclone. Dell'Italia, finora non toccata dalle retrocessioni che hanno colpito Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna, S&P mette però in rilievo la «fragilità dell'attuale coalizione di governo», l'«incerto impegno politico nelle riforme tese a migliorare la produttività» e il «potenziale stallo politico che potrebbe contribuire a uno slittamento delle riforme fiscali». Il giudizio tiene dunque in particolare considerazione anche le dinamiche di governo, ottenendo subito la risposta del Tesoro che su una possibile "paralisi" politica dice netto: «È da escludere in assoluto». Inevitabile pensare a un effetto che sul comitato rating, riunitosi mercoledì, sia scaturito dal primo turno delle elezioni amministrative e dalle notizie di agenzia sul governo che andava sotto in Parlamento. Per S&P del resto, oltre alla scelta delle linee più efficaci da seguire, ha sempre contato anche la reale forza di un governo per metterle in pratica.

Il quadro politico
Nel rapporto di S&P non manca un riferimento diretto al Piano nazionale di riforma, presentato dal ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Per l'agenzia sia il Pnr sia le misure attuate nel 2010 non sono sufficienti a stimolare la crescita economica nel medio termine. E il quadro politico non aiuta: «La crescente fragilità dell'attuale coalizione di governo rende più impegnativa la tempestiva attuazione delle riforme strutturali più significative che favoriscono la crescita». E con prospettive di sviluppo asfittiche c'è il concreto rischio che deragli il piano di riduzione del debito contenuto nel Programma di crescita e stabilità. La valutazione sulla coesione dell'esecutivo è ancora una volta centrale: solo se il governo «riuscisse a raccogliere il sostegno politico per l'attuazione delle riforme strutturali volte a migliorare la competitività», i rating potrebbero rimanere ai livelli attuali.

Crescita e debito
I rischi di abbassamento dei rating vengono messi in relazione ad una crescita più debole rispetto alle ipotesi, attualmente pari al 1,3%, per il 2011-2014. Le ridotte prospettive di crescita vengono messe in connessione alla «mancanza di impegno politico nella deregolamentazione del mercato del lavoro e nell'introduzione di riforme per aumentare la produttività». S&P sottolinea come «misure volte a ridurre i colli di bottiglia e le rigidità dell'economia italiana siano particolarmente importanti alla luce della limitata flessibilità monetaria dell'Italia e della limitata flessibilità fiscale a causa dell'elevato livello di indebitamento». L'Italia fa ancora fatica ad eliminare il fardello accumulato nel 2008-2009, perché ha pagato in modo particolare la riduzione delle esportazioni nette. In quest'ottica, secondo S&P, la ridotta capacità della nostra economia di beneficiare del rafforzamento della domanda esterna riflette anche «una costante erosione di competitività internazionale negli ultimi dieci anni».

Standard & Poor's si aspetta che in futuro il livello del debito governativo italiano rimarrà il principale vincolo per il rating e prevede che l'indebitamento netto governativo raggiunga il 116% del Pil nel 2011, dal 100% del Pil nel 2007 e in linea con il livello del 1997. La contrazione economica del 2008-2009 avrebbe di fatto eliminato tutti gli sforzi di un consolidamento fiscale negli ultimi dieci anni. E di riflesso la probabilità che l'Italia non riduca il debito netto al di sotto del 113% del Pil entro il 2014 è ritenuta superiore al 33%. Da considerare inoltre il costo legato agli interessi del debito pubblico, pari a oltre il 10% delle entrate pubbliche nel 2011, e superiore del 7,5% al livello medio della categoria di rating A e previsto in ulteriore aumento. A vantaggio della posizione italiana, si aggiunge, hanno comunque giocato «i solidi bilanci delle famiglie e delle aziende» che hanno consentito al Governo di finanziarsi a «tassi storicamente bassi»:per S&P questi tassi bassi potrebbero facilitare un consolidamento fiscale più graduale rispetto ad altri Paesi dell'Europa meridionale.

Le banche
C'è anche spazio per la valutazione positiva sulla posizione finanziaria del settore bancario italiano, «più forte di quanto non fosse sei mesi fa» in considerazione del rafforzamento grazie agli aumenti di capitale. La previsione di S&P è che la maggior parte dei Tremonti Bond saranno rimborsati quest'anno. In una diversa nota, sempre S&P sottolinea che il cambiamento di prospettiva per il rating italiano «potrebbe avere un impatto negativo sul merito di credito di alcune delle banche italiane». L'impatto sarebbe su quegli istituti che hanno lo stesso rating o uno superiore a quello sovrano, in particolare: Intesa Sanpaolo e le sue principali controllate (Banca Imi, Cassa Risparmio Bologna e Biis); Mediobanca, Findomestic Banca, Banca nazionale del lavoro spa. Possibile un impatto diretto anche sui rating delle Regioni e degli enti locali, minore il rischio di effetti per le cartolarizzazioni.

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