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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2011 alle ore 15:45.

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È, per dirla con gli americani, la domanda da un mlione di dollari. Anzi, in questo caso, da migliaia di miliardi. Come reagiranno i mercati a un eventuale default americano, anche solo temporaneo, oppure a un declassamento del debito da parte delle grandi agenzie di rating? I pronostici, tutti credibili, vanno da gravi shock al mercato a chi invece ritiene che le ripercussioni saranno solo passeggere.

Da chi, su piazze finanziarie in questi anni sempre più esposte a crisi, teme panico e ondate di vendita sul colossale e cruciale mercato dei Treasuries, a chi ipotizza che senza molte altre destinazioni sicure gli investitori rimarrebbero invece fermi. Un'incertezza comprensibile: un default degli Stati Uniti sarebbe senza precedenti. Gli storici della finanza risalgono al Settecento e all'Ottocento per trovare esempi di fughe dai Treasuries e da securities a stelle e strisce.

La reazione all'impasse del negoziato a Washington e al conto alla rovescia verso un potenziale default il 2 agosto è stata nei giorni scorsi all'insegna della calma. Ma il nervosismo e la confusione, adesso, sono in aumento, pur se molti operatori ancora scommettono che un'intesa tra democratici e repubblicani verrà raggiunta per innalzare il tetto del debito e evitare quantomeno gli scenari più preoccupanti.

I mercati globali hanno aperto la settimana sotto pressione, con i future sugli indici di Wall Street in calo di quasi l'1 per cento. L'oro, bene rifugio per eccellenza soprattutto se verrà meno la solidità dei titoli del Tesoro americani, è salito al nuovo record nominale di 1,623 dollari l'oncia.

L'alta tensione è esemplificata anzitutto da un commento come quello, domenica notte, di Mohamed El-Erian, che dirige in Pimco il più grande fondo obbligazionario al mondo: «Si prepara il terreno politico a un compromesso di breve periodo», ha scritto, che però danneggerà azioni e dollaro e lascerà il rating americano «estremamente esposto a un pericoloso declassamento». O ancora dalle parole di un anonimo trader che ha ammesso candidamente alla stampa statunitense: «Non sappiamo ancora che cosa fare». A Wall Street le banche e gli investitori discutono infatti freneticamente le strategie per proteggersi da eventuali default, ma pochi sembrano aver trovato risposte sul da farsi. Eccetto alcune misure difensive immediate: i trading desk del reddito fisso hanno ridimensionato i rischi e gli hedge fund e i fondi comuni hanno aumentato le percentuali di cash nei loro portafogli.

In caso di default, Wall Street è convinta, con ragione, che gli Stati Uniti daranno priorità al pagamento degli interessi per minimizzare gli shock, semmai ritardando il rispetto di altri obblighi, quali pensioni o stipendi federali. Il danno, e grave, potrebbe tuttavia essere fatto comunque: la fiducia che regge il gigantesco mercato dei Treasuries americano potrebbe essere incrinata. Cadute dei titoli e impennate dei tassi di interesse potrebbero far deragliare un'economia tuttora in affanno. Non solo: i Treasuries costituiscono un pilastro del sistema finanziario globale: sono detenuti sotto forma di capitale dalle banche, servono da garanzia sui mercati dei derivati e hanno rappresentato l'investimento sicuro per eccellenza anche per le riserve valutarie di paesi come la Cina. E un default, oltre a immediate reazioni, potrebbe diventare un terremoto per tutti i futuri flussi di investimenti. Per Wall Street, come per l'opinione pubblica, la saga sul debito americano è diventata oggi, e rimarrà fino al suo esito, un'attesa snervan

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