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Questo articolo è stato pubblicato il 25 luglio 2011 alle ore 14:46.

Sul New York Times, Landon Thomas sottolinea "un'incongruenza" di cui hanno cominciato a rendersi conto analisti e investitori di hedge fund: può funzionare un fondo di salvataggio tra i cui garanti ci sono Paesi che un giorno potrebbe essere chiamato a soccorrere?
"Il potenziale problema è che, dopo Germania e Francia, i principali garanti del fondo sono Italia e Spagna". E se la crisi si aggrava, i due Paesi sono in lista per un eventuale salvataggio.
Ricordando che l'Efsf ora viene soprannominato "il Fondo monetario europeo", il Nyt fa notare che la credibilità del fondo avrà un ruolo importante nell'accettazione dei mercati della strategia europea per affrontare i suoi mali economici.

Ci sono svariati interrogativi. "I creditori stanno diventando debitori, questo è il problema", dice al Nyt Stephen Jen, che gestisce l'hedge fund londinese SLJ Macro Partner. Una nota di Merril Lynch, inoltre, osserva che il fondo avrebbe bisogno di 300 miliardi di euro per avere un impatto significativo qualora fosse chiamato a comprare bond scontati italiani e spagnoli sul mercato secondario. E crea ancora più "incertezza" la dichiarazione di Angela Merkel, che ha detto che i necessari cambiamenti legali alla struttura del fondo saranno esaminati dal Parlamento tedesco solo nella seconda metà di settembre.
Ora come ora, osserva Thomas, le garanzie di Italia e Spagna rappresentano il 30% del sostegno finanziario del fondo. Se i due paesi avessero bisogno di essere salvati, non sarebbero più elencati come garanti, ma andrebbero a unirsi a Portogallo, Irlanda e Grecia come destinatari di aiuti, aumentando così il peso dei prestiti su Germania e Francia.

In un commento su El Pais, intitolato "Europa nel limbo", Carlos Fuente osserva che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti e il futuro presidente della Bce, Mario Draghi, hanno unito le loro voci per allertare su una crisi nazionale che sia Tremonti che
Draghi attribuiscono a "una crisi europea di cui per definizione l'Italia sarebbe vittima, non causa".
Del fatto che la crisi sia di ordine europeo – ricorda El Pais - è convinto anche l'ex premier britannico Gordon Brown, che invoca una "strategia paneuropea" che sostituisca la risposta di panico con una politica di ricostruzione di lungo periodo.

Brown propone che i problemi comuni siano affrontati come tali, e non come problemi "locali"; ricapitalizzare le banche, creare un'area di debito comunitaria e una strategia di crescita comune. L'Europa – si legge ancora - ha bisogno di riattrezzarsi per tornare a esportare, necessita di maggiore flessibilità di capitale, di lavoro e di finanziamento. Deve evitare il protezionismo e la perdita di occupazione. E deve adattarsi a un mondo "diversificato, emergente e non più eurocentrico".
Tra le numerose analisi sui media esteri, il quotidiano spagnolo Abc ha interpellato quattro prestigiosi economisti per analizzare l'accordo salva-Grecia. Per Juan Velarde, Ángel Berges, José Carlos Díez y Santiago Carbó non ci sono dubbi: "il piano è un tagliafuoco per Spagna e Italia".

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