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Questo articolo è stato pubblicato il 06 agosto 2011 alle ore 19:21.
L'ultima modifica è del 06 agosto 2011 alle ore 09:21.
Il presidente Barack Obama ritiene che le trattative per giungere ad un accordo sul tetto del debito degli Stati Uniti sono state troppo lunghe e laceranti e ora i membri del congresso devono unirsi e lavorare per rafforzare l'economia. Lo ha affermato il portavoce della Casa Bianca Jay Carney in un comunicato in cui si afferma inoltre che «il compromesso bipartisan per la riduzione del deficit è stato un passo importante nella giusta direzione. Tuttavia, il percorso per raggiungerlo è stato troppo lungo».
L'accordo per l'aumento del tetto del debito, comunque, «è un importante passo nella giusta direzione» ma «dobbiamo chiarire al meglio la nostra volontà, abilità e impegno a lavorare insieme per affrontare le sfide economiche e di bilancio», ha detto Obama. «I membri del Congresso devono avere il comune impegno a una ripresa economica più forte e a conti pubblici più solidi, due temi che devono essere al di sopra delle nostre differenze politiche e ideologiche». (Redazione online)
dall'inviato Marco Valsania
Standard & Poor's ha tolto agli Stati Uniti il rating massimo di Tripla A, che faceva del suo debito uno degli investimenti più sicuri al mondo e un pilastro della finanza globale. Una decisione storica: erano settantanni che Washington manteneva i pieni voti sui Treasuries. L'agenzia di valutazione del credito, nella notte tra sabato e domenica, ha ridotto il suo rating da "AAA" a "AA più" con outlook negativo.
Un voto inferiore a quello di una dozzina di paesi, tra i quali il Liechtenstein, e alla pari con Nuova Zelanda o Belgio. La ragione: S&P ha concluso il suo riesame della situazione del paese giudicando insufficiente la recente manovra annunciata da Washington di riduzione del deficit. L'agenzia aveva in passato fatto sapere di ritenere adeguata una riduzione di 4.000 miliardi, ma il recente compromesso tra Congresso e Casa Bianca ha un obiettivo di soli 2.400 miliardi in dieci anni. L'annuncio e' arrivato dopo le otto di sera ora di New York, le due di notte italiane, a mercati statunitensi ormai chiusi.
"Il declassamento riflette la nostra opinione che il consolidamento che il Congresso e l'amministrazione hanno concordato sia a nostro avviso meno di ciò che sarebbe necessario a stabilizzare la dinamica del debito del governo nel medio termine", ha scritto S&P nella sua nota. L'agenzia, dopo la protratta battaglia tra democratici e repubblicani su debito e deficit che aveva portato il paese sull'orlo del default, ha citato anche le disfunzioni della politica americana tra le sue motivazioni: "l'efficacia, la stabilità e la prevedibilità" del processo di policy making appare a S&P diminuita mentre le sfide restano.
Il retroscena del declassamento ha rivelato anche un duro scontro tra il Tesoro americano e S&P. Fin dal primo pomeriggio, è emerso, l'agenzia aveva notificato la sua intenzione sul declassamento. Ma il Tesoro aveva risposto denunciando un errore di calcolo, pari a duemila miliardi di dollari, nelle valutazioni sul debito americano fatte dalla società di rating. L'incognita ha ritardato l'annuncio ormai pronto, ma S&P ha in seguito deciso di procedere ugualmente. L'agenzia aveva lanciato il suo primo allarme sulla possibilità di un downgrade del debito americano il 14 luglio.
A dare la dimensione senza precedenti di quanto avvenuto è indicata una data: la prima vera garanzia di solidità del debito americano risale al 1790, quando Alexander Hamilton spinse perchè il governo federale si assumesse gli oneri degli stati americani indebitatisi durante la guerra rivoluzionaria. Oggi i Treasuries sono una linfa vitale dell'intero sistema finanziario. Enormi riserve vautarie di paesi come la Cina sono investite in buona parte in Treasuries. In tutto oggi il 46% dei Treasuries sono in mano a stranieri e una loro fuga più o meno rapida dai titoli scatenerebbe gravi tensioni. Ancora: quattromila miliardi in titoli del Tesoro Usa sono utilizzati come garanzia per operazioni da molti protagonisti della finanza, da banche a trader di derivati. Il declassamento potrebbe costare caro costringendo operatori a cercare e offrire nuove garanzie.
Fondi del mercato monetario hanno in portafoglio titoli per 1.300 miliardi legati ai Treasuries: il taglio del rating, qui, potrebbe generare vendite o svalutazioni, anche se molti fondi hanno criteri flessibili quando si tratta di detenere comunque debito classificato con i voti più elevati. I tassi di interess, infine, potrebbero salire e potrebbero scattare altri declassamenti, da quelli stati a quelli di aziende americane, rendendo più costosi i finanziamenti e creando nuovi ostacoli a un'economia già in seria difficoltà e a rischio di ricaduta in recessione.
Di fronte a tutte queste incognite, adesso gli occhi sono tutti puntati sulla reazione dei mercati, se ci saranno violente scosse, paralisi, oppure risposte meno drammatiche. Alcuni analisti ritengono che l'effetto inizialmente potrebbe essere anzitutto psicologico, visto che la possiblità di un downgrade era già stata indicata. Altre due agenzie, Fitch e Moody's, hanno inoltre confermato il loro voto massimo sul rating americano, pur se Moody's ha adottato un outlook negativo. La sicirezza e liquidità dei Treasuries a livello mondiale, a questi analisti, appare difficile da sostituire, anche in presenza di un declassamento. Gli effetti di più lungo termine potrebbero però essere comunque inevitabili e riflettere un appannamento del ruolo economico internazionale degli Stati Uniti.
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