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Questo articolo è stato pubblicato il 12 agosto 2011 alle ore 08:07.

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LUGANO. Stanno tornando tutti, come e più di prima. Molti di più. «Scudare? È stato un sbaglio, diciamo così: i soldi rimpatriati prima o poi si spendono, un figlio vuole la casa, l'altro la fuoriserie. Invece i 'risparmi' devono restare in Svizzera, così non si toccano. E soprattutto non te li tassano».

La conversazione tra una coppia di investitori italiani e due impiegati di banca al tavolo del ristorante Olimpia, in Piazza delle Riforma nel cuore della city italofona, è lo spaccato di una verità semplicissima, proverbiale per chi vive nella zona dei laghi prealpini: tanto peggio sta l'Italia, realmente o nei timori della borghesia 'che (ancora) può', tanto meglio sta il Canton Ticino.

E così in attesa delle lacrime e del sangue minacciati dalla Finanziaria agostana ‐ dalla patrimoniale all'aliquota del 20% sulle rendite di capitale, e chissà cos'altro ‐ lo zoccolo duro degli esportatori di risparmi la sua scelta l'ha già fatta da un pezzo: indietro tutta, si torna a Lugano. I 63 miliardi emersi dalla Svizzera con lo scudo-ter (ma solo 27 rimpatriati fisicamente, gli altri solo giuridicamente) probabilmente sono stati già tutti rimpiazzati nella partita di giro. Se la Confederazione non aveva pianto allora - visto che le stime chiarirono subito che lo smobilizzo non superò il 30% dei depositi - oggi senz'altro sta almeno sorridendo.

L'indicatore di una fuga da tempi d'oro, senza cercare riscontri in calcoli che nessuno oggi si sognerebbe mai di fornire, è anche nella difficoltà di trovare cassette di sicurezza 'small' (quelle più piccole ed economiche, a misura di contante) disponibili: c'è il tutto esaurito. Alla Banca Popolare a 50 metri da piazza della Riforma, braccio operativo di un istituto italiano, sono cordiali ma tassativi: «Spiacente, qui le cassette sono esaurite. Però se si rivolge alla sede centrale di Lugano forse le trovano qualcosa». E non è neanche una questione di 'city'. Quindici chilometri più a sud, nei paesini della Valle di Muggio che degrada verso il Comasco, l'impiegata della banca locale è ancora più esplicita: «Per aprire un conto non c'è problema, ma cassette di sicurezza sono disponibili solo quelle grandi, costano di più ma ci può mettere anche le scatole di gioielli. Sa, da qualche mese è ripreso, e tanto, il movimento di italiani, tutti vogliono una cassetta». Una cassetta «piccola», spiega un consulente finanziario comasco - per 36 anni e fino al giugno scorso alto dirigente bancario in Svizzera - «perchè quello che sta accadendo ora, sovrapponendosi ad altri fenomeni che non sono mai cessati (il riciclaggio d'alto bordo, ndr) è il ritorno dell'espatrio di capitali 'in contanti' e 'in proprio', come fossimo ancora nei bui anni '70», quelli della crisi petrolifera e delle manette alla frontiera. «La gente non si fida più della tecnologia perché si sente tracciata - continua l'ex direttore - e inoltre nessuno oggi depositerebbe un solo euro con il valore di cambio con il franco alla pari. Così si immagazzina il contante in attesa di tempi migliori, perché chi aveva investito, anche su questa piazza, sta scontando le turbolenze dei mercati. Le cassette di sicurezza servono a questo, a far passare la nottata».

Nel frattempo, la rete di accoglienza del contante in fuga funziona come è sempre funzionata nel lembo più a mezzogiorno della Confederazione, a partire da un metro dopo il confine dell'Italia. Cortesia e concretezza, astenersi perditempo e indecisi: «Il conto se vuole lo apriamo subito ‐ rassicura l'impiegata della grande banca di piazza Indipendenza a Chiasso, dalle cui finestre si vede la dogana quasi nemmeno più presidiata, grazie all'estensione del trattato di Schengen ‐ però dobbiamo sapere a grandi linee la sua disponibilità e le sue intenzioni». Le preoccupazioni per la patrimoniale in arrivo, i timori di passare il confine con troppo contante in tasca, la fissa che 'qualcuno mi può osservare' (volendo anche con un binocolo, dalla caserma della Guardia di Finanza che troneggia da via Bellinzona, Como) non smuovono la consulente: «Vede, se deve portare 10mila euro non so se le conviene, solo le spese forfettarie di tenuta conto e della cassetta di sicurezza fanno 750 franchi all'anno. Certo, se invece parte da 100mila la faccio accomodare di sopra».

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