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Questo articolo è stato pubblicato il 23 agosto 2011 alle ore 09:05.
Ubs, la prima banca svizzera, progetta di tagliare circa 3.500 posti di lavoro (il 5,3% del totale) nel quadro del programma di riduzione dei costi da 2 miliardi di franchi entro il 2013 annunciato a fine luglio. Il 45% circa dei tagli sarà nell'investment banking (che a fine giugno occupava circa 17.776 persone), il 35% nella gestione patrimoni (wealth management) e attività bancaria svizzera, il 10% nell'asset management globale e un altro 10% nell'asset management del continente americano. A fine luglio Ubs aveva 65.707 dipendenti.
Ubs aveva già preannunciato una riduzione degli effettivi a luglio dopo una trimestrale sotto le attese (-49% l'utile netto a un miliardo di franchi) e la revisione al ribasso degli obiettivi (che prevedevano un raddoppio dell'utile pretasse entro il 2014 a 15 miliardi di franchi da 7,46 milioni del 2010). Come la concorrente Credit Suisse , che fine luglio aveva annunciato 2mila tagli, pari al 4% della forza lavoro, anche Ubs deve fare i conti con i crescenti costi normativi e la rivalutazione record del franco svizzero che erodono i profitti.
«I provvedimenti annunciati oggi sono finalizzati a migliorare l'efficienza operativa. Ubs continuerà a tenere sotto controllo i propri costi ma nello stesso tempo a investire nelle area di crescita» - ha spiegato l'istituto in una nota.
Le misure di riduzione dei posti di lavoro «sono purtroppo necessarie» perché la nostra industria si trova «nel mezzo di una enorme trasformazione» ma, nell'implementare questi tagli, «ci atterremo agli accordi con le parti sociali e assumeremo tutte le misure necessarie per mitigarne l'impatto». È quanto scrive il ceo di Ubs, Oswald J. Gruebel, 67 anni, in una lettera interna ai dipendenti, precisando che le reti di client advisors e di financial advisor non saranno interessate dal provvedimento.
Gruebel fa riferimento alle profonde trasformazioni in corso nell'industria del credito caratterizzata da una maggiore cautela da parte dei clienti, da una politica di riduzione del debito sia da parte degli Stati sia da parte dei privati, da un contesto regolatorio più stringente e dalla necessità di capitali molto elevati. La crisi creditizia del 2008 é costata all'istituto elvetico oltre 58 miliardi di dollari (tra svalutazioni e perdite su crediti) e il taglio di 18.500 posti di lavoro.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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