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Questo articolo è stato pubblicato il 25 agosto 2011 alle ore 08:06.

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NEW YORK- Ben Bernanke non annuncerà nel suo discorso di domani a Jackson Hole un intervento di allentamento quantitativo (Qe3). Autorevoli indiscrezioni raccolte in ambienti vicini alla Federal Reserve anticipano che in questo momento il governatore si limiterà a constatare la debolezza congiunturale americana e confermerà che la Fed dispone di varie ipotesi di intervento se le cose peggioreranno.

Ma i tempi secondo il governatore non sono maturi per una nuova presa di posizione precisa dopo il recente annuncio del Fomc che prometteva tassi di interesse sui livelli attuali almeno fino al 2013. Bernanke piuttosto punterà su un policy mix monetario e fiscale e auspicherà un intervento di stimolo a breve da parte del Governo, preparando il terreno per l'atteso discorso di Barack Obama del 5 settembre per il rilancio dell'occupazione. Se questo copione sarà confermato nei fatti, i mercati, che dopo i buoni recuperi fino a 500 punti dell'indice Dow Jones scontavano un intervento concreto da parte della Fed, potrebbero prendere male la delusione per la mancanza di un'azione determinata e incisiva.

L'atteso convegno di Jackson Hole dunque, sarà più accademico che di "policy making", come capitò l'anno scorso, quando lo stesso Bernanke annunciò che la Fed avrebbe avviato una manovra di Qe2. Anche per queste ragioni alcuni dei banchieri centrali più importanti non verranno, fra questi il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi e il Direttore generale Fabrizio Saccomanni. Ci sarà invece il presidente uscente della Bce, Jean-Claude Trichet: parteciperà a una tavola rotonda sulle priorità per la crescita di lungo periodo, con il direttore del Fondo Christine Lagarde e Barry Eichengreen, professore di economia a Berkeley.

Secondo le indiscrezioni, la Fed avrebbe dibattuto a lungo sulle possibili modalità di intervento monetario. Una corrente di pensiero ritiene che vi siano ancora delle possibilità di un sussulto positivo dell'economia nella seconda metà dell'anno e che dunque è meglio attendere piuttosto che rischiare un "overshooting". La verità è che ai massimi livelli della Fed ci si rende conto della debolezza dell'economia, e della mancata soluzione dei problemi che hanno causato la crisi del 2007/2009, quello di un settore immobiliare fragilissimo, come hanno confermato i dati di un paio di giorni fa e quello dei mutui immobiliari, ancora inesigibili per molte istituzioni finanziarie e per molti privati. Bernanke ha due possibilità di intervento: un allentamento quantitivo, nelle sue varie forme possibili (acquisto titoli del Tesoro, prolungamento delle scadenze) e "price targeting", un'azione cioè sul tasso di inflazione.

La Fed ha discusso della possibilità di reagire alla necessità di ridimensionamento del settore immobiliare lasciando correre l'inflazione. Uno degli scenari considerati, e questo è un fatto nuovo, è stato quello di favorire un rialzo dell'inflazione (per esempio al 5%) per cinque anni invece che lasciarlo all'attuale livello di target, attorno al 2%. Ma questo sarebbe uno strumento di ultima necessità, per dimostrare al mercato e a coloro che ritengono che la Fed abbia esaurito le sue cartucce per combattere il rischio di deflazione che gli strumenti a disposizione ci sono eccome «e possono essere illimitati».

Non è chiaro quanto di questo dibattito interno alla Fed sarà travasato in modo esplicito nel discorso di Bernanke. E qui interviene il secondo punto, preparare il terreno per il discorso di Barack Obama. La Banca centrale, pur auspicando una soluzione nel lungo termine del problema del disavanzo pubblico americano, vuole che l'austerità sia posticipata quanto più in là possibile per evitare ulteriori contrazioni. Addirittura preferirebbe che nel breve termine, da qui al prossimo anno, ci fosse una nuova manovra di stimolo fiscale mirata magari su alcuni settori specifici (ad esempio quello immobiliare o delle grandi costruzioni) per neutralizzare o quanto meno contenere la combinazione di un tasso di disoccupazione che resta cocciutamente alto e la conseguente debolezza dei consumi.

Queste debolezze, dicono gli analisti si tradurranno in un indice manifatturiero, atteso a breve, che scenderà al di sotto di quota 50 nella sua prossima lettura, segnalando formalmente l'ingresso in recessione. Anche per questi sviluppi attesi tuttavia Bernanke preferisce aspettare: visto che ha poche cartucce da sparare non vuole sprecarle prima di dati negativi e preferisce intervenire solo quando l'evidenza giustificherà interventi aggiuntivi. Il problema irrisolto per un coordinamento monetario/fiscale tra Casa Bianca e Fed è però politico: è immaginabile che i repubblicani consentano a Obama di spendere (o investire, a seconda dei punti di vista) in un anno elettorale? La risposta per ora è no.

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