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Questo articolo è stato pubblicato il 16 settembre 2011 alle ore 16:55.
L'ultima modifica è del 16 settembre 2011 alle ore 13:19.

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Vertice Ecofin in Polonia (Reuters)Vertice Ecofin in Polonia (Reuters)

Due settimane. È questo il tempo che l'Eurogruppo ha deciso di dare alla Grecia per prendere le misure di bilancio ed economiche (privatizzazioni comprese) necessarie e ottenere la sesta 'tranche' di 8 miliardi di euro. Si dovrà far di tutto per 'quadrare i conti' perché va evitato che la Grecia entri in una crisi dei pagamenti. Lo ha comunicato il presidente Jean-Claude Juncker nel corso di una conferenza stampa al termine dei lavori dell'Eurogruppo che si è svolto questa mattina a Wroclaw (Polonia) e che precede l'Ecofin informale allargato ai rappresentanti di tutta l'Ue a 27.

«Significativi gli sforzi delle autorità greche»
La decisione, ha spiegato Juncker, sarà presa sulla base delle risultanze della Troika (Ue-Bce-Fmi) tornata ad Atene «all'inizio di questa settimana» dopo l'interruzione della missione decisa una decina di giorni fa. Il presidente dell'Eurogruppo ha comunque definito «significativi gli sforzi delle autorità greche» e ha detto che sono «benvenute le ulteriori misure annunciate dal Governo per soddisfare gli obiettivi fiscali per il 2011 e il 2012». Anche il commissario europeo agli Affari economici, Olli Rehn, ha osservato che «la Grecia ha espresso la propria determinazione a realizzare pienamente gli impegni». L'esponente dell'esecutivo di Bruxelles non ha però voluto aggiungere niente sulla definizione dei collaterali, le garanzie chieste da alcuni Paesi per sbloccare la nuova tranche di aiuti. «Il lavoro», si è limitato a dire il commissario, «è in corso».

Si complica il caso garanzie, Helsinki non è più sola
Intanto si complica il caso delle garanzie chieste dalla Finlandia per il nuovo prestito ad Atene: Helsinki non è più sola. Si sarebbero infatti accodati altri quattro paesi Eurozona più la Repubblica Ceca, che non fa parte dell'Unione monetaria. Si tratterebbe di Olanda, Austria, Slovenia e Slovacchia. Olanda e Austria stanno guidando la 'fronda' dei paesi che continuano da giorni a lanciare lo stesso segnale: non deve essere escluso un 'default' della Grecia. La Slovacchia è ostaggio del partito neoliberale, perno della coalizione di centro-destra. La Finlandia ha chiesto delle garanzie finanziarie collaterali per il sì al nuovo prestito alla Grecia. Escluso il contante, si lavora sugli asset immobiliari, sulla partecipazione nel capitale di imprese greche. Non sono chiari i confini legali di una operazione del genere e la concessione di collaterali rischia di confliggere con l'esigenza assoluta del governo Papandreu di 'fare cassa' per abbattere l'indebitamento.

Portogallo e Irlanda sulla strada giusta
A differenza di Atene, gli altri due paesi dell'Eurozona che hanno ricevuto aiuti - Irlanda e Portogallo - stanno invece procedendo speditamente sull'attuazione dei loro piani: «Ci congratuliamo per i progressi compiuti» da questi due paesi e - ha detto Juncker - concordiamo con la troika sul fatto che sono in carreggiata sull'attuazione dei loro impegni». Il presidente dell'Eurogruppo si è detto «fiducioso» che «questa determinazione consentirà a questi paesi di superare sfide che stanno affrontando».

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