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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2012 alle ore 07:50.

Cifre precise non sono disponibili. A secondo di chi le fa, le stime dei titoli di Stato greci nelle mani di speculatori oscillano tra i 10 e i 70 miliardi (quest'ultima cifra, probabilmente esagerata, è stata fatta la settimana scorsa al Wall Street Journal da un anonimo «alto funzionario governativo» greco).
A parte Marathon e York, ci sono Och-Ziff Capital Management, CapeView Capital Llp, Saba Capital management Lp e Vega Asset Management, il fondo spagnolo creato da un ex trader del Banco Santander.
Per tutti costoro il possibile fallimento della Grecia costituisce adesso un'opportunità. Si badi bene: non per comprare a prezzi stracciati beni o aziende da ricostruire o rivalorizzare. No, qui si parla di puri e semplici 'acquisti opportunistici'. E la «carneficina» che potrebbe seguire a un'eventuale bancarotta di Atene interessa soltanto in quanto potenziale fattore di moltiplicazione del guadagno.
«Può sembrare impietoso, ma della Grecia, dei greci, e del futuro dell'euro, non importa a nessuno qui. È un investimento come ogni altro: conta solo uscirne con un congruo bottino» dice una fonte in un fondo hedge «fortemente esposto sulla Grecia».
È una partita a poker. Che si deve concludere ben prima del 20 marzo prossimo, quando andranno in scadenza 14,4 miliardi di euro di titoli greci. Atene non ha i soldi per pagare i debitori, né la capacità di piazzare nuove emissioni sostitutive. Per evitare il default ha bisogno del secondo piano di sostegno europeo. Ma quei 130 miliardi di aiuti sono subordinati alla ristrutturazione del debito con i privati, il cosiddetto Private sector involvement, o Psi, il cui negoziato è stato sospeso la settimana scorsa.
Il tempo stringe. Charles Dallara, l'americano a capo dell'associazione che rappresenta banche e hedge fund nel negoziato, lunedì scorso ha detto che un accordo di principio deve essere completato entro la fine di questa settimana se si vuole finalizzarlo prima del 20 marzo.
In termini generali agli investitori privati i greci stanno chiedendo di accettare 'volontariamente' la conversione dei titoli posseduti in nuovi titoli ventennali o trentennali con maggiori garanzie in caso di default, un tasso di rendimento del 4 o 5% e un valore nominale dimezzato (nel gergo si parla di haircut del 50 per cento). Per rendere l'affare meno amaro, c'è poi un cosiddetto addolcitore: circa 35 miliardi in contanti da distribuire al momento dell'accordo.
Il termine 'dimezzamento volontario' del valore di un investimento potrebbe sembrare un ossimoro. Ma si conta sul fatto che le conseguenze di un default disordinato della Grecia potrebbero essere peggiori.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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