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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2012 alle ore 07:50.

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Torre della finanza. Il grattacielo Bank of America Tower a One Bryant Park, New York. (Ap)Torre della finanza. Il grattacielo Bank of America Tower a One Bryant Park, New York. (Ap)

La volontarietà è elemento essenziale dell'accordo. Perché permetterebbe di interpretare la manovra non come una vera e propria ristrutturazione del debito, che farebbe scattare i cosiddetti Credit default swaps, o Cds, cioè i contratti di assicurazione contro il default. Sarebbe piuttosto un rimodellamento soft senza ramificazioni esterne.
Sembrava cosa fatta. Anche perché i Governi e la Banca centrale europea sono intervenuti sugli istituti finanziari. Ma il vero ossimoro è persuadere gli speculatori. Anche perché ognuno di loro ha una diversa strategia di quello che Moritz Kraemer, responsabile per i rating sovrani europei di Standard & Poor's, ha definito «rischio calcolato».

Chi ha in pancia Cds, non ha interesse ad accettare l'haircut. Ma negli ultimi mesi il prezzo dei Cds sulla Grecia è salito molto e per fondi iperspeculativi come quelli di cui stiamo parlando non avrebbe avuto senso dotarsene.
C'è però uno strumento derivato alternativo ai Cds al quale ha fatto ricorso almeno uno degli hedge fund che ha recentemente investito in titoli greci: il recovery swap. Si tratta di un prodotto che garantisce un tasso di risarcimento predeterminato nel caso di default. Se alla fine della procedura di default si recupera meno di quel tasso, la differenza viene rimborsata dalla controparte dello swap. Se si recupera di più, la differenza va alla controparte. Un'altra forma di scommessa. Che però garantisce una copertura seppure parziale.

Poi c'è chi non ha né Cds né recovery swap e ha comprato titoli greci nella primavera scorsa a prezzi ultrascontati. Avendo beneficiato fin qui dei loro tassi di rendimento elevati, potrebbe in teoria essere propenso ad accettare l'haircut e portarsi a casa i contanti dell'addolcitore. Ma non è detto. «Dipende dalla capacità di sopportazione del rischio» spiega la nostra fonte. «Si può fare anche il ragionamento opposto: poiché si è recuperato già buona parte dell'investimento, si può rischiare di più e rifiutare l'accordo Psi sperando che raccolga comunque l'adesione di una larga maggioranza dei creditori. A quel punto, per chiudere il negoziato con tutti, l'Europa potrebbe essere indotta a offrire di più a chi si è tenuto fuori». C'è un termine in gergo per costoro: free rider. Che poi è un'elegante forma inglese per definire gli scrocconi.

In questo momento più che mai puntare a fare i free rider significa essere disposti a correre forti rischi. Nell'attuale clima politico i governanti europei sono infatti ben poco propensi a premiare gli speculatori più aggressivi. «Sappiamo bene dei free rider» ci dice uno dei negoziatori europei. Lo sanno anche i greci. Come ha dimostrato il portavoce del Governo Pantelis Kapsis, il quale venerdì scorso ha parlato dell'introduzione di una «clausola di azione collettiva» che, in caso di approvazione a maggioranza imporrebbe l'accordo Psi anche a chi non lo ha accettato.

Ma la nostra fonte nel fondo hedge ci spiega che è una minaccia che suona vuota agli speculatori. Perché se l'accordo fosse ritenuto 'non volontario' dall'organo internazionale che valuta i cosiddetti eventi di credito, l'International swaps and derivatives association, scatterebbero i risarcimenti dei Cds, un'eventualità che le autorità greche e quelle europee hanno finora cercato di evitare. Anche perché metterebbe a repentaglio i conti degli istituti finanziari che li hanno venduti scatenando una serie di reazioni a catena di non facile gestione.
«È una partita sul filo del rasoio, fatta di misure e contro-misure, mosse e contromosse» ci dice il negoziatore europeo, non nascondendo la frustrazione per le energie impegnate a far fronte ai 'fondi avvoltoio'.
Solo all'ultimo si saprà chi l'avrà avuta vinta. Chi perderà è invece già chiaro: i greci. E con tutta probabilità sarà una carneficina.
cgatti@ilsole24ore.us

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