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Questo articolo è stato pubblicato il 19 gennaio 2012 alle ore 07:37.

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Anche i Giapponesi non si tirano indietro nel campanilismo. Indovinate che giudizio assegna la Japan Credit Rating al proprio Paese? Una "Tripla A", che domande. Poco importa se il Giappone abbia un debito pubblico pari al 233% del Pil (stima del Fondo monetario internazionale): una sana "Tripla A" non si nega mai al proprio governo. Sarebbe scortese. A onor del vero, la Japan Credit Rating è anche l'agenzia più benevola con l'Italia: secondo i suoi analisti anche il nostro rating vale un'altissima "AA". Sarà che di fronte a una "Tripla A" assegnata al Giappone, non potevano buttare l'Italia troppo in basso: in fondo Roma nuota "solo" in un debito pari al 120% del Pil.

Un po' più cauta è invece l'altra agenzia giapponese, la R&I: ha appena declassato il proprio paese alla "AA+". Cioè un gradino sotto la "Tripla A". Per contro, però, R&I si sfoga contro la Cina, valutata solo "A+": si tratta dello stesso voto che i suoi analisti assegnano anche all'Italia. Insomma: ai loro occhi la crisi italiana non è molto dissimile dal miracolo cinese. Ora non resta che creare un'agenzia di rating europea. O (perché no?) solamente italiana: chissà che, in questo modo, anche per noi non possa arrivare presto una credibilissima "Tripla A"...

Ognuno dice la sua
Le decine di agenzie di valutazione che girano sui mercati finanziari, in realtà, litigano anche quando valutano gli altri. Basta confrontare i rating che vengono assegnati a un Paese come l'Italia, per capirlo: «Il Sole 24 Ore» ne ha confrontati sette, trovando cinque diverse valutazioni. La cinese Dagong è la più severa, dato che all'Italia assegna una "BBB" con prospettive negative: due passi soli dai rating speculativi. Proprio ieri la stessa Dagong ha sentenziato che i debiti dei Paesi europei nel 2012 diventeranno «ancora più insostenibili».
In questo giudizio i cinesi sono in sintonia con gli americani di Standard & Poor's, che pochi giorni fa hanno declassato mezza Europa e l'Italia al livello "BBB+": un solo gradino sopra i severi cinesi. Fitch e la canadese DBRS sono i più benevoli con il Belpaese, dato che ci tengono nel campo delle "A".

Ma gli analisti che più si fidano di noi, come detto, sono i giapponesi. E disparità simili ci sono nei confronti di tanti altri Paesi: anche la Spagna ha cinque rating diversi su sette agenzie.
Le differenze sono facilmente spiegabili: ogni agenzia ha i suoi metodi di valutazione. «C'è poi anche una differenza culturale che separa gli analisti in Cina o in Europa», osserva un ex dirigente di uno dei big delle pagelle. Ma forse la spiegazione è anche un'altra: le agenzie vengono pagate in gran parte dalle società che devono valutare e in parte minore dal mercato. Poche agenzie si fanno pagare esclusivamente dal mercato: per esempio l'americana Egan-Jones. Questi diversi "committenti" possono creare differenze di "vedute"? Le agenzie lo negano. Tanti lo temono.
Sta di fatto che, a prescindere da chi le paga, la domanda è: come fa il mercato, e soprattutto l'intera industria del risparmio gestito, a basare tutte le strategie di investimento solo sui rating? Anzi: solo sui giudizi di tre (Moody's, S&P e Fitch) delle innumerevoli agenzie?

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