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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2012 alle ore 08:18.

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di Morya Longo
«Nessuno è convinto che l'Europa abbia veramente trovato la soluzione alla crisi greca». Bastano poche e semplici parole a Silvio Peruzzo, economista di Rbs, per spiegare come mai i mercati finanziari abbiano reagito con un semplice sussulto al salvataggio della Grecia: perché in pochi credono che questo accordo raggiunto nella notte di lunedì a Bruxelles – l'ennesimo – sia quello risolutivo. Per i mercati, insomma, il salvagente lanciato ad Atene serve solo per comprare un po' di tempo: pretesto ottimo per incassare un po' dei profitti derivanti dal rally degli ultimi mesi. Ma nulla su cui sognare. Nulla su cui illudersi.

Così le Borse europee, dopo un avvio in positivo che le ha portate vicine ai massimi degli ultimi sette mesi, ieri hanno chiuso la seduta tutte con il segno meno: Londra -0,29%, Parigi -0,21%, Francoforte -0,58% e Milano -0,08%. Solo Wall Street ha mantenuto i guadagni (+0,12%), tanto che l'indice Dow Jones si è portato sopra i 13mila punti: soglia che non superava dal 2008. Anche i titoli di Stato italiani, in un primo momento oggetto di abbondanti acquisti che avevano spinto il differenziale rispetto ai Bund tedeschi a 338 punti base (minimo da settembre), in serata hanno perso smalto. Alla fine i BTp decennali hanno chiuso con un rendimento del 5,40%, che equivale a 346 punti base più dei Bund: sei centesimi in meno rispetto a lunedì.

Prese di profitto
A dispetto dell'enfasi con cui il mondo politico ha accolto l'accordo sulla Grecia, i mercati non si sono scomposti più di tanto. Per due motivi semplici: scontavano già in pieno questa intesa e avevano già corso molto. Le Borse europee sono vicine ai massimi degli ultimi sette mesi. Quelle americane hanno praticamente annullato l'intera crisi economica, tornando sui livelli precedenti al crack di Lehman Brothers. I titoli di Stato italiani hanno rendimenti decisamente più bassi rispetto a pochi mesi fa: segno che gli acquisti sono stati molto forti anche qui. I BTp di durata biennale quotano oggi con un tasso d'interesse del 2,8% (contro il 7,5% toccato a novembre), quelli di durata quinquennale viaggiano sul 4,17% (rispetto al 7,66% di novembre) e i decennali stanno al 5,4% (dal record di 7,22%). Chi avesse investito 100 euro nei BTp a novembre, oggi registrerebbe un guadagno compreso – a seconda delle scadenze – tra l'8% e il 26%.

Di fronte a questo rally, favorito soprattutto dall'abbondante liquidità immessa sul mercato dalle banche centrali di tutto il mondo, gli investitori hanno preso come spunto l'accordo sulla Grecia per concedersi una pausa di riflessione. Il trend di mercato resta positivo, certo. Lo dimostra anche il successo della Spagna, che ieri ha collocato titoli di Stato a 3 e 6 mesi per 2,5 miliardi, raccogliendo una domanda pari a 14,8 miliardi di euro pur con rendimenti in forte calo. Ma, nonostante questo clima positivo, tra gli investitori sta tornando la prudenza. La sensazione di molti è che, ormai, il rally abbia il fiato corto: o succede qualcosa di importante (e il salvataggio greco non basta), oppure gli acquisti su azioni e bond sono destinati a ridursi.

Il dramma ad Atene
Perché l'accordo greco non abbia incantato i mercati è chiaro: il piano di salvataggio mostra già ora almeno tre punti deboli. Il primo è ovvio: l'accordo funziona solo se il 95% dei possessori di bond greci accetta volontariamente di perdere il 74% dei propri soldi. Se questo non accadesse (molti hedge fund sono contrari), la Grecia sarebbe costretta a forzare la mano e ad applicare speciali clausole che renderebbero obbligatorio il "taglio" dei titoli di Stato: questo, però, trasformerebbe il piano di salvataggio in un vero default. Con tutte le incognite del caso.

Il secondo punto di debolezza è altrettanto ovvio: l'accordo sulle durissime misure di austerità e sui vincoli in Costituzione è stato preso, in Grecia, da un governo tecnico. Da aprile ci saranno però le elezioni: il rischio, insomma, è che chiunque vinca poi faccia di tutto per non rispettare gli accordi presi oggi. Il terzo punto di debolezza riguarda invece l'economia: basta che la recessione (già pesante) sia più dura del previsto, che la Grecia non centrerebbe gli obiettivi prefissati anche se rispettasse tutti gli impegni. Calcola Commerzbank che solo con uno 0,5% di recessione aggiuntiva, il debito/Pil greco tornerebbe al 127%: nuovamente fuori controllo.

Ecco perché gli economisti sono scettici sull'effettiva tenuta di questa ciambella di salvataggio. Citigroup prevede che la Grecia possa mancare gli obiettivi di deficit già a giugno e che rischi di finire in default entro la fine dell'anno. Christian Schulz, della Berenberg Bank, osserva: «Il rischio che la Grecia finisca in depressione, che vada in default e che esca dall'euro è sostanziale». Insomma: la soluzione greca non incanta. L'apatia con cui i mercati l'hanno accolta lo dimostra.

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