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Questo articolo è stato pubblicato il 14 maggio 2012 alle ore 16:17.
LONDRA – Una balena umile. Bruno Iksil è un pendolare di mezza età che prima di bruciare 2 miliardi di dollari (almeno) in trading a dir poco azzardati per conto di Jp Morgan amava definire se stesso "humble man". Macché Valdemort, come lo chiamava qualcuno nella City e a Wall Street, macché squalo. Nessun dente troppo affilato, ma solo una balena – London whale - una gigantesca balena come le dimensioni del portafogli che aveva creato.
Bruno Iksil non parla e lascia alla banca ogni commento, ma lo si potrebbe anche immaginare nelle sembianze di un grigio ingegnere (s'è laureato vent'anni fa all'École centrale) con la valigetta stretta in mano in perenne avanti e indietro da Parigi a Londra, zona Earls Court, area nemmeno troppo fashionable della capitale britannica. Lì aveva la sua base, ma la casa con moglie e figli era a Parigi. È in uscita anche lui, dicono le voci di oggi, insieme con Ina Drew - già rimpiazzata da Matt Zames - che dal 2005 gestiva a New York il chief investment office della banca, Achilles Macris capo diretto di Iksil a Londra e Javier Martin Artajo che nel team aveva una posizione di alta responsabilità.
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Ma la "balena" da mesi chiacchierata come unico responsabile di quello che James Dimon, ceo di Jp Morgan ha definito un «madornale errore»' era in larga misura l'esecutore di un'operazione difensiva. L'ordine era di tutelarsi dal rischio accumulato dalla banca, in particolare nell'area gestita da Ina Drew, quella che scommetteva sul rischio Europa e sulla crisi dei debiti sovrani. Un'area che sarebbe cresciuta di tre volte in cinque anni raggiungendo 361 miliardi di dollari di titoli, una dinamica che presumibilmente è legata anche ai 15 milioni dollari di retribuzione che la potente signora di Wall Street ha incassato lo scorso anno.
Le operazioni di hedging deliberate da Bruno Iksil sarebbero legate a derivati su Cdx.Na.Ig un indice che ha visto le attività di trading moltiplicarsi nei primi quattro mesi dell'anno. E questo fa sospettare che le normali operazioni di copertura dal rischio si siano sviluppate in speculazioni ad alto rischio se è vero che le perdite tra fine aprile e i primi di maggio – quando l'allarme sul caso era già stato lanciato dal Wall Street Journal settimane prima - viaggiavano a una media di 150milioni di dollari al giorno.
Un errore di calcolo come lasciano intendere le parole di James Dimon o puro azzardo, assoluta follia in nome dell'avidità? Probabilmente entrambi. Questo almeno è il senso dell'allarme sulle operazione della balena lanciato da hedge fund manager che assistevano alla crescita fuori misura di una balena che si gonfiava mettendo a rischio il sistema e magari anche i loro margini. Il warning dei primi di aprile è partito proprio da loro, ma l'effetto s'è avvertito un mese, circa, più tardi. Anche per questo le perdite da 2 miliardi di dollari potrebbero non essere finite.
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