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Questo articolo è stato pubblicato il 09 giugno 2012 alle ore 08:37.

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Messi nell'angolo nel progetto di fusione Unipol-Fonsai, i Ligresti tentano una sortita disperata. Jonella e Paolo Ligresti hanno comunicato ieri a Premafin (di cui sono i primi azionisti) e ad Unipol la loro intenzione "irrevocabile" di non rinunciare alla manleva sulla responsabilità della loro gestione nel gruppo Premafin-Fonsai, prevista negli accordi originali con la compagnia bolognese, e che non assumeranno alcun impegno e non esercitare il diritto di recesso nell'ambito dell'integrazione tra i due gruppi.

La clamorosa decisione è stata resa nota pochi minuti dopo che i fondi d'investimento Sator e Palladio avevano rilanciato il loro progetto alternativo a quello di Unipol per il salvataggio di Fonsai (vedi articolo nella stessa pagina). Una simultaneità che ha fatto pensare ad una sorta di regia comune. L'incertezza ha acceso le fantasie della borsa con Fonsai che ha chiuso la seduta con un balzo dell'11,58%, Premafin del 9% ed anche Unipol del 3,54 per cento.

Presi di sorpresa sono stati anche alcuni consiglieri di Premafin che si sono riuniti nella sede sociale per valutare il da farsi.

Nel motivare la loro iniziativa, non preannunciata ad alcuna autorità, i due Ligresti (che si sono mossi in sintonia con gli altri membri della stessa famiglia) l'hanno motivata dalle «continue modifiche e le crescenti problematiche» sul progetto di matrimonio ed anche «dalle criticità evidenziate da advisor indipendenti riguardo alla situazione patrimoniale di Unipol, allo stato non chiarite né risolte». In questo scenario la famiglia Ligresti ha proposto - è l'accenno a Sator-Palladio - la «considerazione di soluzioni alternative». È una strada praticabile?

Tutto sembra legato alla risposta che daranno le banche creditrici di Premafin. Il momento della verità arriverà con l'assemblea della holding in programma martedì prossimo. Se verrà ribadita la determinazione esibita anche ieri negli incontro svolto nella sede di Unicredit dei principali istituti esposti (per 368 milioni di circa la metà a carico della banca di Federico Ghizzoni) le banche avvieranno le procedure per escutere i pegni sulle azioni Fonsai posti a garanzia dei loro crediti e pertanto il pacchetto di controllo del gruppo assicurativo (il 35%) passerà da Premafin ai creditori. Tutto questo non dovrebbe far scattare un obbligo di Opa poiché si configurerebbe una situazione sperimentata in passato anche dalle banche creditrici di Ferfin (l'impero fallito di Raul Gardini).

Manleva e recesso erano state le condizioni che la Consob aveva chiesto di rimuovere per esonerare dalla disciplina delle offerte pubbliche l'acquisizione del controllo di Premafin da parte di Unipol . Poiché tutto ciò sarebbe avvenuto nell'ambito di un salvataggio - questo era il motivo indicato dall'authority - non dovevano esserci vantaggi a favore di alcuni soci, soprattutto di chi (I Ligresti) era direttamente responsabile del dissesto.

Superato il primo momento di sconcerto la cordata formata da Unipol, le banche e i manager operativi di Fonsai, che da mesi sono al lavoro sulla fusione, hanno delineato una controffensiva. Unipol ha confermato in una nota la «disponibilità a procedere nella fusione ai termini ed alle condizioni indicate». E a proposito della clausola posta dall'authority su manleva e recesso ha rinviato «ad una successiva valutazione» ed «al conseguente confronto con le autorità di vigilanza ogni determinazione concernente le modalità con cui dare attuazione» alle richieste della Consob. Anche I manager di Fonsai ha confermato la loro determinazione sul progetto Unipol. Ed ora la parola spetterà agli indipendenti della stessa società - ieri si sono già riuniti confrontandosi direttamente con l'ad di Bologna Carlo Cimbri e aggiornando l'incontro a lunedì - ed a quelli di Premafin e di Milano assicurazione.

Poi sarà la volta del Cda della stesse società (sempre entro lunedì) e infine, martedì prossimo, dell'assemblea di Premafin. In quell'assise i Ligresti hanno i numeri (il 50% del capitale) per bocciare l'integrazione con Bologna. Ma in quell'ambito, mancando il via libera delle banche alla ristrutturazione dei crediti, assumerebbero una diretta responsabilità nel fallimento della loro società. Senza il requisito di continuità aziendale (per via dei debiti incombenti) e con l'unico asset (le azioni Fonsai) sul punto di essere alienate dall'escussione dei pegni, per Premafin si aprirebbe la strada del fallimento.

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