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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2012 alle ore 12:43.
L'ultima modifica è del 12 giugno 2012 alle ore 12:33.

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Da inizio settimana, dopo l'annuncio nel week end del salvataggio da 100 miliardi alle banche spagnole, Piazza Affari, le banche italiane e i titoli di Stato italiani sono i più penalizzati dai mercati. Il listino milanese va peggio degli altri in Europa, trascinato al ribasso dai titoli bancari (che pesano per circa il 20% della capitalizzazione complessiva). Mentre lo spread BTp-Bund che viaggiava intorno ai 420 punti ha toccato oggi un picco fino a 486. Ma il salvataggio spagnolo non doveva essere una bella notizia tale da rasserenare gli investitori? Purtroppo così non è. Cerchiamo di capire perché.

Sulla stampa anglosassone è partito il walzer di articoli sul rischio contagio dell'Italia. Mentre questa mattina il direttore generale di Ftich, Ed Parker, ha gettato acqua sul fuoco dichiarando che «è improbabile che l'Italia chieda gli aiuti all'Ue» perché è in una situazione migliore rispetto alla Spagna, «ha un deficit molto basso, così come un deficit delle partite correnti e non ha problemi di banche».

Eppure, i titoli del credito italiani anche oggi procedono contrastati dopo il tonfo di ieri. Perché?

Il problema al momento risiede nella scarsa chiarezza sulle modalità del salvataggio delle banche spagnole. Si attingerà dal Fondo salva-Stati o dall'Esm (il nuovo meccanismo di stabilità permanente che dovrebbe partire a luglio dopo le ratifiche dei singoli Paesi)? La differenza, non specificata dalle autorità europee in una fase in cui i mercati (al netto delle componenti speculative) chiedono certezze, non è di poco conto.

Perché tutti i possessori di bond emessi dal fondo salva-Stati (Efsf) hanno lo stesso diritto di rimborso. Non esistono "senior" e "junior". I creditori sono tutti sullo stesso piano. In caso di default, totale o parziale, dello Stato destinatario degli aiuti la ristrutturazione del debito colpisce tutti in maniera uguale come è avvenuto con l'haircut del bond della Grecia. Mentre, una volta attivato il meccanismo permanente di stabilità i creditori non sono sullo stesso piano. Perché il Fondo Esm ha la statuto giuridico di creditore privilegiato. Quindi, soltanto dopo che è stato ripagato gli altri creditori possono aspirare a un rimborso dei crediti. Da ciò si deduce che nel caso il piano salva-banche spagnolo sia finanziato attraverso questo meccanismo, potrebbe esserci un chiaro disincentivo ad acquistare titoli spagnoli in quanto sarebbero rimborsati solo dopo i titoli "senior".

A questo punto veniamo all'Italia che ha una quota del 19,18% del Fondo salva-Stati e una del 17,3% nel nascituro fondo Esm. Percentuali che indicano che, in ogni caso, la sua partecipazione al salvataggio spagnolo non sarebbe irrilevante.

Ma ancora una volta le cose cambiano sensibilmente se si sceglie il Fondo salva-Stati o l'Ems. Perché nel primo caso il salvataggio fa lievitare il debito pubblico dei Paesi, nel secondo no perché i contributi all'Esm sono equiparati alle quote nel capitale dell'Fmi e quindi non vanno a pesare sull'indebitamento del Paese socio.

Se si decide di salvare le banche spagnole con il Fondo salva-Stati (opzione non gradita alla Germania) il debito pubblico dei Paesi è destinato a crescere, compreso quello italiano. Questo avrebbe un forte impatto sui bilanci delle banche italiane, molto esposti in BoT, BTp, CTz, ecc. Per l'esattezza esposte per 294 miliardi (a fine 2011 erano 209 miliardi) lievitati dopo che la Bce ha prestato 1.000 miliardi a condizioni agevolate alle banche europee nelle operazioni Ltro di dicembre e febbraio. Se il debito pubblico aumenta e si deteriora - a causa della crescente difficoltà nel ripagare gli interessi - il valore dei titoli di Stato italiani si deprezza e i bilanci bancari si svalutano. E qui, nell'attesa di avere nuovi lumi dalle autorità europee, si chiude il cerchio.

www.twitter.com/vitolops

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