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Questo articolo è stato pubblicato il 05 luglio 2012 alle ore 08:26.

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Bob DiamondBob Diamond

LONDRA - I piccoli indiani questa volta sono quattordici. Quattordici traders che hanno agito rischiando di affossare Barclays Bank mossi dall'avidità esclusiva di garantirsi un grasso bonus. Bob Diamond si indigna per il comportamento di dipendenti o ex dipendenti, poi immaginando un futuro in manette per speculatori pronti a falsificare i dati per un profitto eventuale, passa a discutere temi più seri: ovvero della sistematica correzione del Libor che sarebbe stata autorizzata dal suo vice, Jerry del Missier nella convinzione di interpretare la volontà del governo e dei regolatori.

Davanti alla Commissione Tesoro della Camera dei Comuni ieri è andato così in scena un balletto che oscilla fra dichiarazioni d'amore (I love Barclays), scuse per l'agire inaccettabile di alcuni traders, e speranze (la storia ci assolverà). Ma la sostanza dello scandalo Libor che l'ex ceo ha cercato di ricostruire fra mille imbarazzi è un'altra.

Sbatte con l'intreccio, nei giorni caotici dell'autunno 2008, fra la determinazione laburista di nazionalizzare banche troppo fragili e quella di Barclays di salvarsi da sola. Accadde qualcosa «quando Paul Tucker (il vice governatore della Banca d'Inghilterra, ndr) parlò – ha ricordato Diamond – di esponenti di Whitehall che si interrogavano sui nostri tassi». Si diffuse cioè il timore che nel governo qualcuno prendesse in considerazione l'idea di nazionalizzare Barclays.

Non c'erano problemi di finanziamento, ha sostenuto Bob Diamond, ma ci sarebbero stati se l'idea, per quanto teorica, di un intervento della mano pubblica si fosse diffusa sui mercati compromettendo un deal che stava maturando. Poche ore più tardi, infatti, investitori del Golfo iniettarono denaro nella banca, salvandola. Il precipitare del tasso con cui Barclays si finanziava secondo Diamond non dipende dalla diffusione di Libor manomessi, ma dai mercati che consideravano Barclays ormai salvata da Qatar e Abu Dhabi.

È a tratti caotica la ricostruzione che il ceo ha effettuato ieri, ma alcuni punti sono chiari ancorché tutti da verificare: le pressioni per avere chiarimenti sul Libor di Barclays arrivavano, via Paul Tucker, da ministri o dall'entourage del Tesoro, ma non dall'allora Cancelliere Alistair Darling; Bob Diamond ha insistito nel dire di aver saputo delle manipolazioni sui tassi solo pochi giorni fa. Intanto Paul Tucker è passato al contrattacco chiedendo di poter deporre davanti alla Commissine Tesoro.

La giornata era cominciata con uno scontro fra il premier David Cameron e il leader dell'opposizione Ed Milliband a conferma che il caso Libor ha una dimensione politica. Accadde in epoca laburista e David Cameron lo ha contestato ieri a Ed Milliband replicando all'accusa di voler fare solo «un'inchiesta parlamentare» invece della più complessa indagine pubblica. Il confronto non ha impedito al premier di fare un invito al management di Barclays: non pagate liquidazioni d'oro a Bob Diamond. «Sarebbe completamente sbagliato – ha detto – perché i cittadini chiedono che i reati commessi nelle nostre banche siano perseguiti come quelli per le strade».

Diamond sta ancora negoziando la sua uscita, ma si parla di una cifra assolutamente indefinita compresa fra i 2 e i 21 milioni di sterline. Secondo la società Manifest che tiene sotto monitoraggio anche queste dinamiche salariali il ceo uscente avrebbe ricevuto 120 milioni di sterline dal 2005 ad oggi, ovvero nei sette anni da membro del board del gruppo.

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