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Questo articolo è stato pubblicato il 06 luglio 2012 alle ore 12:58.

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Dalla Banca centrale europea sono arrivate due notizie. La prima riguarda il taglio dei tassi di riferimento dall'1% allo 0,75% (ovvero il costo del denaro per le banche che prendono in prestito soldi all'ingresso presso la Bce). La seconda riguarda lo storico azzeramento del tasso sui depositi (dal precedente 0,25%), ovvero il tasso che la Bce paga alle banche europee che scelgono di parcheggiare la liquidità presso lo sportello della Banca centrale europea.

Con questa mossa, passata un po' in sordina ma probabilmente la notizia più importante fra quelle annunciate ieri da Mario Draghi, il governatore della Bce intende spronare gli istituti a re-immettere in circolo liquidità per favorire la ripresa e l'economia reale. Anche per via indiretta attraverso l'acquisto di titoli di Stato e il conseguenziale raffreddamento degli spread dei Paesi periferici. Le intenzioni, in sostanza, sono quelle di accelerare gli effetti delle due manovre Ltro di dicembre e febbraio (prestiti alle banche europee al tasso agevolato dell'1%) con cui la Bce ha iniettato oltre 1.000 miliardi di liquidità agli istituti di credito europei. Effetti che, per ammissione dello stesso Draghi, non sono ancora quantificabili.

Resta il fatto che molti di questi soldi sono finiti nell'acquisto di titoli di Stato (le banche italiane ad esempio hanno incrementato da 209 a 267 miliardi di euro la quota in titoli di Stato a febbraio 2012) ma molti altri (soprattutto quelli presi a prestito dalle banche del Nord Europa con "meno problemi di spread") sono rientrati dalla finestra della Bce (i depositi overnight presso la Banca centrale nell'ultima settimana viaggiavano al ritmo di 800 miliardi di euro).

Riuscirà, quindi, la nuova manovra di Draghi a sbloccare queste somme a beneficio dell'economia reale? In sostanza, questi 800-1.000 miilardi di liquidità che ballano nel mondo interbancario dove andranno a finire adesso? Resteranno ancora presso la Bce o andranno a ridurre gli spread? Oppure andranno a finire sul Bund e quindi, potenzialmente per via indiretta, ad aumentare gli spread?

«È la domanda che si stanno ponendo molti operatori. L'elemento chiave è il costo opportunità dei vari istituti in termini di rischio-rendimento - spiega Vincenzo Longo, strategist di Ig markets Italia -. In questo momento riteniamo di escludere che questa liquidità entri totalmente in circolazione sul mercato interbancario visto il permanere delle tensioni nell'area euro e la mancanza di fiducia tra i vari istituti. Solo dopo che verranno messi nero su bianco i temi discussi al Consiglio europeo potremmo assistere all'effetto tipico del moltiplicatore monetario. La nostra sensazione è che nel brevissimo una buona parte possa finire su asset safe rischi - tipicamente Bund - e valute considerate beni rifugio. Un'altra parte invece continuerà a rimanere presso la Bce. Visto però il rencente movimento tecnico di alcuni indici azionari non ci sentiamo di escludere che alcuni istituti decideranno di posizionarsi sull'azionario, visto che rimane decisamente sottopesato».

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