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Questo articolo è stato pubblicato il 09 agosto 2012 alle ore 08:12.

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Il premier spagnolo, Mariano Rajoy (Reuters)Il premier spagnolo, Mariano Rajoy (Reuters)

Madrid si sta preparando a chiedere lo sblocco immediato dei prima trenta miliardi messi a disposizione dalla Ue sui cento totali per salvare Bankia e gli altri istituti di credito al tracollo. Lo ha riferito lo stesso Governo spagnolo, anche se ieri è arrivata una cauta precisazione da parte della Commissione europea. In una conferenza stampa a Bruxelles, il portavoce, Olivier Bailly, ha confermato che questa possibilità esiste, ma ha aggiunto che la Commissione non ha ancora «ricevuto richieste dalla Spagna per l'attivazione di aiuti di emergenza».

Insomma, secondo Bruxelles, finora ci sono stati solo contatti di routine, «che per noi non costituiscono una richiesta formale», prevista dal protocollo d'intesa firmato con l'Eurogruppo. Senza questa richiesta, per ottenere i fondi Madrid dovrebbe prima presentare un piano per la ristrutturazione delle banche in condizioni peggiori e tutto slitterebbe a ottobre. Sbrigate le formalità burocratiche, gli aiuti possono però arrivare «al massimo in una o due settimane», assicura la Commissione.
Oltre a Bankia, che avrebbe bisogno di 19 miliardi, l'intervento potrebbe coinvolgere CatalunyaCaixa (5 miliardi), Novagalicia (6 miliardi) e Banco de Valencia (1,6 miliardi), anche queste nazionalizzate.
Le voci sul probabile sblocco degli aiuti internazionali hanno letteralmente messo le ali a Bankia, che ieri ha guadagnato il 24 per cento. Ora le sue azioni valgono più del doppio rispetto al 17 luglio.

Mentre le diplomazie di Madrid e Bruxelles sono al lavoro, Standard & Poor's aspetta al varco i risultati: ieri, l'agenzia di rating statunitense ha fatto sapere di essere pronta a tagliare il giudizio su Banco Popular, Bankia, Banco Financiero e Ibercaja. La decisione sarà presa dopo che saranno noti i dettagli del salvataggio internazionale del sistema bancario e gli effetti sugli istituti, che in cambio degli aiuti dovranno intraprendere severe ristrutturazioni.
Sul fronte economico, il bollettino continua a segnalare notizie negative: a giugno la produzione industriale è scesa del 6,9% su base annua. Con l'economia che non accenna a riprendersi, il Governo ha deciso di alzare l'obiettivo di deficit di bilancio dell'amministrazione centrale e del sistema di welfare per il 2012, portandolo al 4,5%, contro il 3,5% già preventivato. L'obiettivo di deficit complessivo, comprendente anche quello delle autorità locali, resta però al 6,3 per cento.

Se Madrid si dibatte in cerca di un'uscita rapida dalla sua crisi, Atene sembra arrancare sempre più. Martedì il Governo ha ammesso forti difficoltà a trovare gli 11,5 miliardi, tra maggiori entrate e minori spese, concordati con l'Eurogruppo. Il conto si è fermato a 7,5 miliardi, ne mancano quattro. Atene avrebbe dovuto presentare il pacchetto all'inizio di settembre. Ma ieri, fonti Ue hanno fatto sapere che l'appuntamento slitterà all'8 ottobre. Il lavoro dei tecnici di Atene sarà seguito da molto vicino dalla troika Ue-Bce-Fmi, che resterà in contatto con il Governo greco per tutto il mese di agosto, mentre a settembre si trasferirà in pianta stabile nella capitale, dove resterà tutto il mese per essere certa che l'appuntamento di ottobre sia rispettato.

La nuova, ennesima, manovra di correzione dei conti pubblici, necessaria anche perché finora Atene ha stentato a rispettare gli impegni presi, dovrà essere approvata dai creditori internazionali prima che possa essere concessa la prossima tranche di aiuti del secondo piano di salvataggio. Per trovare le risorse necessarie, il Governo sta pensando a nuovi interventi sul settore pubblico: Atene si è impegnata a ridurre i ranghi dell'amministrazione di 15mila funzionari. Per evitare misure troppo depressive in una fase economica di recessione acuta, Atene vorrebbe accelerare il programma di dismissioni che finora però ha generato più polemiche che incassi, con le dimissioni del capo dell'authority sulle privatizzazioni, come protesta per l'inerzia dell'Esecutivo.
Troppe complicazioni perché non arrivasse puntualissima l'ennesima bocciatura da parte delle agenzie di rating. E infatti, Standard & Poor's ha portato da stabile a negativo l'outlook sul merito di credito, già sprofondato a CCC.

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