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Questo articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2012 alle ore 13:09.

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Ma le banche sono destinate a muoversi in ordine sparso, senza una strategia corale. «Negli anni di normalità marzo è un mese chiave per le nuove offerte ma in questa fase di crisi ci troviamo fuori dalla normalità - sottolinea Anedda -. Per cui non è da escludere nemmeno che qualche istituto decida, se emergesse in anticipo che la prossima coalizione di governo sarebbe coerente con l'attuale strada di riforme intrapresa dall'Italia, di anticipare a gennaio o febbraio le offerte migliori». Potremmo quindi assistere a una riduzione degli spread fino al 2,5%? «Non è da escludere. La novità rispetto al passato è che le offerte non saranno piatte. Gli spread tenderanno a scendere su durate inferiori, magari non superiori a 20 anni, e su loan to value (% del prestito sul valore dell'immobile) più bassi, ad esempio non superiori al 70%. Lo stesso istituto, su durate superiori e loan to value più alti potrebbe applicare spread più cari».

L'incognita mercati
Tuttavia è presto per fare salti di gioia. Pur ipotizzando che il nuovo governo sia considerato credibile e che gli istituti tengano fede alle statistiche e siano volti a strategie più aggressive in primavera, è difficile supporre cali consistenti degli spread sui mutui. Perché questi dipendono da molti fattori, come le difficoltà intrinseche che le banche italiane hanno nella raccolta del credito interbancario. Difficoltà tali che spingono molti istituti a cercare alternative, come i conti di deposito (raccogliendo capitali presso le famiglie) o i covered bond (raccogliendo capitali presso investitori istituzionali). In questa direzione - come ricorda Rossini - il covered bond agganciato ai mutui emesso il 22 novembre da Intesa Sanpaolo. La cedola è del 3,7343%. Molto più alta di quanto espresso oggi dagli indici Euribor (1 mese 0,1% e 3 mesi 0,2%) che tecnicamente dovrebbero rappresenatare i tassi medi interbancari in Europa.

«Purtroppo l'Euribor non dà l'idea delle difficoltà di raccolta per le banche italiane. Perché rispecchia i tassi a cui un panel di 44 banche prevalentemente europee si presta soldi - spiega Anedda -. Ma tiene conto solo dei tassi sui prestiti effettivi e non quelli che invece si vedrebbero applicati istituti, come quelli italiani in questa fase, che invece per evitare alti costi preferiscono fonti alternative di raccolta e quindi non chiedono più prestiti all'interbancario. La verità è che oggi l'Euribor riflette solo i prestiti interbancari tra banche tedesche, olandesi, austriache, belghe. Insomma, è un tasso nordico». Quindi, finché il clima di fiducia sulle banche italiane non migliorerà queste avranno alti costi di raccolta e quindi difficilmente potranno ridurre di molto gli spread sui mutui riportandoli sui livelli dell'1%, come era abituale nella non lontana estate del 2011.

Di buono, per chi sta rimborsando un mutuo a tasso variabile o ha intenzione di chiederne uno, c'è che le prospettive sull'andamento degli indici Euribor (che determinano le oscillazioni degli interessi sui mutui a tasso variabile) indicano ancora calma piatta per i prossimi 2-3 anni.

twitter.com/vitolops


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