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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2012 alle ore 13:01.

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L'attività della squadra europea annovera anche la firma di un accordo sull'unione bancaria europea (un ente unico che vigilerà direttamente su circa 200 istituti, quelli che hanno attivi per oltre 30 miliardi di euro). Da non dimenticare poi il varo del Fiscal compact, il patto di bilancio: altro accordo di portata storica. Mentre, per ora, ci si muove in ordine sparso sulla Tobin Tax.

Vediamo adesso alcuni dei grandi problemi che gli "Stati Uniti d'Europa" dovranno risolvere per potersi chiamare davvero in questo modo.

I 10 bachi dell'euro per il 2013
1) La prima falla dell'euro è, paradossalmente, la sua forza. In una fase in cui tutte le banche centrali delle principali economie giocano al ribasso (per svalutare la propria valuta nell'intento di foraggiare la ripresa economica). Al cambio odierno un euro vale 1,31 dollari, molto al di sopra della parità teorica a 1,18. Da molti dato per vinto, l'euro si appresta a chiudere il 2012 più forte dello scorso anno. Almeno sul mercato dei cambi. Per le imprese italiane ad alta vocazione d'export non è una buona notizia (nonostante tutto però nei primi 10 mesi dell'anno l'Italia registra un avanzo commerciale di 6,5 miliardi).

2) Sono molti gli economisti a cui il Fiscal compact non va proprio giù. Quel patto di bilancio sottoscritto il 2 marzo 2012 a Bruxelles dal Consiglio europeo, approvato il 23 luglio dal Parlamento italiano (lo hanno firmato 25 Paesi dei 27 dell'Unione, i due no sono arrivati da Inghilterra e Repubblica Ceca). In 16 articoli serrati prevede, tra le note più significative, che i Paesi con un debito/Pil oltre il 60% si impegnano a un deficit/Pil strutturale dello 0,5% e, soprattutto, l'obbligo per questi Paesi di rientrare nella soglia del 60% nel giro di 20 anni, a un ritmo pari a un ventesimo dell'eccedenza in ciascuna annualità. L'Italia ha un debito/Pil proiettato al 126%. Come farà a dimezzare questo parametro se continua a praticare la strada dell'austerity?

3) E qui veniamo al terzo baco dell'euro e delle riforme varate dai vertici di Bruxelles. Gli Stati devono ridurre consistentemente il debito misurato nel rapporto debito/Pil. Ma ci troviamo in una fase di recessione pressoché sincronizzata tra i Paesi Ue. Di conseguenza, se il Pil diminuisce il rapporto debito/Pil aumenta per l'effetto matematico che il denominatore della formula è sceso.

4) La ricetta privilegiata per soddisfare i parametri del patto di bilancio è l'austerità. In poche parole tagli alla spesa pubblica e deregolamentazione del mercato del lavoro. Siamo sicuri che è la strada giusta da percorrere? I numeri indicano che i presupposti su cui Bruxelles ha deciso di spingere sul tasto austerity si sono rilevati errati. La Commissione europea ha previsto, a parità di austerity, un moltiplicatore fiscale a 0,5: ovvero a ogni punto percentuale di taglio del deficit avrebbe dovuto corrispodere mezzo punto di minor crescita. Secondo i nuovi calcoli dell'Fmi, realizzati sotto la guida del capo economista Olivier Blanchard sulla base di dati per 28 economie dallo scoppio della crisi del 2008 a oggi, il moltiplicatore si collocherebbe in realtà fra lo 0,9 e l'1,7. Quindi, finora, tagliare deficit e spesa pubblica si è rivelato un boomerang per la crescita. Alimentando il parametro debito/Pil anziché frenarlo, come auspicato dal patto di bilancio.

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