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Questo articolo è stato pubblicato il 17 dicembre 2012 alle ore 13:01.

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5) Rigore, equità e crescita sono anche le linee guida su cui si è mossa l'Italia nel 2012. I dati, però, evidenziano che delle tre prerogative, solo la prima è stata compiuta.

6) Negli Stati Uniti se un Paese è in difficoltà (come è successo alla California non molto tempo fa) gli interessi sui titoli di Stato non ne risentono particolarmente. Questo perché il debito è unificato. Negli "Stati Uniti d'Europa" se la Grecia va in difficoltà (come effettivamente accaduto dall'ottobre del 2009) non c'è alcuna protezione sugli interessi che Atene deve pagare sul suo debito (con i decennali balzati oltre il 20% nonostante una prima ristrutturazione). E non c'è protezione sui Paesi vicini (come dimostra il contagio a ruota su Irlanda, Portogallo, Spagna e Grecia). Quella della mancata condivisione del debito, che rende attaccabili i singoli debiti sovrani dei Paesi che ne fanno parte, rende l'Eurozona un terreno ancora instabile.

7) Le misure sinora attuate non sono state in grado di frenare la disoccupazione. Questa, mentre negli Stati Uniti è scesa al 7,7% in Europa ha raggiunto la soglia dell'11,2%. Il dato medio, peraltro, è scarsamente indicativo del tasso di disoccupazione giovanile che nei Paesi Piigs supera abbondantemente il 30%.

8) Un altro baco delle politiche sinora adottate nell'Eurozona riguarda i giovani: a differenza dei babyboomers (la genenerazione nata dagli anni '50 agli anni '70) le nuove leve non hanno né la possibilità di lavorare in un tessuto fertile, né di accumulare ricchezza (anche grazie ai babyboomers l'Italia vanta ancora un elevato tasso di ricchezza, che ammonta complessivamente a 8,7 mila miliardi di euro, oltre quattro volte il PIl). Ne consegue che allo stato attuale le prospettive di una pensione adeguata al tenore di vita sono illusorie (con il passaggio del calcolo dell'assegno dal sistema retributivo al contributivo è stimato che la pensione per la nuova generazione di giovani si aggirerà intorno al 30% dell'ultimo stipendio).

9) Da non dimenticare le banche. Con l'unione bancaria europea c'è la speranza di maggiore trasparenza, controllo ed efficienza. Perché al momento su questo fronte pare ci sia molto da fare. Basta vedere l'Euribor, l'indice a cui sono agganciati molti mutui a tasso variabile e contratti derivati. Questo dovrebbe rappresentare il tasso a cui un panel di oltre 40 banche prevalentemente europee si presta soldi ma la realtà è che è un parametro zoppo. Oggi viaggia allo 0,1% (scadenza a un mese). È praticamenta azzerato. E non riflette la difficoltà che molti istituti italiani hanno oggi nell'accesso al mercato interbancario e degli alti tassi che pagherebbero. Per questo molti preferiscono percorrere la strada della raccolta attraverso conti di deposito o emettendono covered bond. L'Euribor, in sostanza, oggi esprime il tasso a cui solo le banche dei Paesi europei a Tripla A (Germania, Olanda, Austria, ecc.) si prestano soldi. È quindi un tasso nordico che, visto al contrario, riflette i vantaggi in cui operano le banche e le imprese di questi Paesi rispetto a quelle di quella parte d'Europa che oggi è in ginocchio. Una divisione che non va bene nell'ottica della direzione intrapresa di creare una sorta di Stati Uniti d'Europa.

10) L'armonizzazione della Tobin Tax dimostra ulteriori forti divisioni. La Francia ha attuato la tassa sulle transazioni finanziarie la scorsa estate. L'Italia è al rush finale. La Germania, invece, ha fatto sapere che potrebbe adottare la tassa ideata dal premio Nobel per l'Economia solo dal 2016. Non sarebbe meglio un'armonizzazione tanto sulle aliquote quanto sulle tempistiche? Come mai i Paesi europei procedono in ordine sparso anche nell'applicazione di una tassa che, secondo l'ideatore e Nobel per l'Economia, sarebbe una panacea per una ridistribuzione più equa della ricchezza?

twitter.com/vitolops

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