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Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2012 alle ore 15:28.

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Lo spread Btp/Bund che scende sotto quota 300, ignorando le tensioni nella politica italiana. Le borse che guadagnano. S&P che alza il rating alla Grecia. Gli Usa che procedono spediti verso un accorso sul Fiscal Cliff. L'avvio dell'Unione bancaria europea. E ancora: l'euro che torna a quota 1,32, toccando i massimi da maggio. Tokyo che supera i 10mila punti chiudendo a +2,39%: non accadeva da marzo. E il premier italiano Mario Monti, che nel corso del sul viaggio in Asia, dichiara: «in Europa la crisi va verso la fine».

Poi ci sono i dati macroeconomici. Due esempi di giornata: in Germania sale l'Indice Ifo delle imprese. In Spagna quello degli ordinativi all'industria di ottobre, che fa segnare, a sorpresa, un +5,2%. E l'elenco potrebbe andare avanti. In questo scenario c'è una domanda ricorrente: si può davvero parlare della fine della crisi finanziaria?

La crisi finanziaria è finita?
«Da qualche mese – spiega Stefano Manzocchi, docente di economia e finanza internazionale all'Università Luiss di Roma e direttore del "Luiss Lab of European Economics" – gli analisti finanziari sembrano attribuire una probabilità elevata all'ipotesi che si stia uscendo, pur con le normali oscillazioni dei mercati, dalla crisi finanziaria. L'elemento decisivo alla base di questo è stato l'attitudine della Bce, ed in particolare la capacità di Draghi di dare sostanza all'affermazione che l'Europa farà di tutto per salvare l'Euro».

L'euro è irreversibile
La visione di Draghi è stata, di fatto, sottoscritta anche dal Governo Merkel. E si è tradotta, continua Manzocchi, «nella dichiarazione di acquisti potenzialmente illimitati di debito a breve-medio termine da parte della Bce», fatto che ha reso operativo il Fondo Salva-Stati. Con quali effetti sui mercati? «Gli analisti – spiega il direttore del "Luiss Lab of European Economics" - si stanno convincendo che l'Europa sta lentamente sanando alcune delle lacune della costruzione dell'Unione Monetaria, e che proseguirà su questa strada rendendo l'euro sempre più irreversibile. E questo rassicura dal momento che la zona-Euro era diventata preda della speculazione proprio per quelle lacune. L'effetto di stabilizzazione si va dunque estendendo sui diversi mercati finanziari».

I timori per l'austerity e l'incognita francese
Se un euro stabile e irreversibile sembra favorire il diminuire delle tensioni sui mercati finanziari, quali sono le incognite che possono mettere a rischio questo trend? «Nel breve termine, un mancato accordo per scongiurare il Fiscal Cliff negli Usa sarebbe stata l'incognita principale, ma questa eventualità sembra ormai scongiurata». Secondo l'economista non ci sarà molto da tempere né sul fronte dell'Unione bancaria («la sua evoluzione non sembra una vera incognita») né dalle elezioni tedesche («tutti i principali partiti sono sostanzialmente d'accordo sul futuro dell'Eurozona, pur con atteggiamenti e sfumature diverse»). Il principale problema è rappresentato invece «dal completamento dell'aggiustamento nell'Europa del Sud, dalla convergenza nella crescita tra Nord e Sud Europa, e nei costi sociali e politici che l'austerità sta imponendo nel Mediterraneo».

E proprio dal piano dei costi sociali e del welfare potrebbe nascere la più forte minaccia per il futuro della tenuta dell'Eurozona. E questa volta l'epicentro potrebbe essere la Francia – che ha da poco perso la tripla A di Moody's e che è alle prese con un "buco da 20 miliardi" del sistema pensionistico e una difficile riforma (ancora tutta da fare) del sistema previdenziale.

Se l'ottimismo contagia l'economia reale
Incognite a parte, se la crisi finanziaria è finita ora tocca all'economia reale. Che cosa accadrà? «Da tempo la crisi si era spostata verso l'economia reale, la vera notizia forse è che questa volta l'ottimismo dei mercati finanziari potrebbe pian piano "contagiare" anche la domanda di beni e servizi, l'opposto insomma di quello che accadde tra il 2008 e il 2009».

La conferma di questa ipotesi sta nel fatto che, tipicamente, gli operatori finanziari anticipano tendenze di ripresa possibile della produzione, degli utili delle imprese e del gettito fiscale. In ogni caso, avverte l'economista, la strada resta in salita, perché «il mercato del lavoro purtroppo sarà l'ultimo a riprendersi, per via dell'austerità fiscale e per via dell'aumento della produttività del lavoro nel Sud Europa che per ora si ottiene solo espellendo manodopera ed aumentando la produttività del lavoro residuo, senza grandi investimenti per ora in innovazione e progresso tecnico».

Il 2013 sarà l'anno degli Eurobond?
Se la crisi si è spostata sul piano dell'economia reale, quali saranno le conseguenze per famiglie e imprese? Quale sarà l'impatto della "crisi (non) finita" nel 2013, sull'economia reale? «Il 2013 - continua Manzocchi - sarà ancora un anno difficile per famiglie e imprese in Italia, ma forse la maggior fiducia nella soluzione della crisi finanziaria e (magari) una iniziativa europea per la crescita degna di questo nome potrebbero rilanciare investimenti e consumi nella seconda metà dell'anno». A quali iniziative si riferisce? «Sto pensando agli Eurobond per finanziare la spesa per istruzione, innovazione e ricerca. Potrebbero rappresentare un volano, naturalmente con tutte le garanzie necessarie di monitoraggio della spesa da parte della Commissione Ue».

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