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Questo articolo è stato pubblicato il 24 gennaio 2013 alle ore 13:26.
Con un deficit/Pil al 5,7% e un debito/Pil in costante aumento verso quota 90% la Francia ha iniziato il 2013 sbilanciata sui fantomatici parametri di Maastricht. L'obiettivo è quello di far quadrare i conti e riportare il deficit all'1% entro il 2015. Nel frattempo però lo spread che la Francia paga rispetto alla Germania, nel confronto del rendimento dei titoli di Stato a 10 anni, vola basso, intorno a quota 60 punti, circa 200 punti in meno rispetto a quello italiano (tra BTp e Bund).
Ma ha senso che l'Italia - dopo aver compiuto nell'ultimo anno riforme strutturali pesanti in termini di benessere dei cittadini, da quella delle pensioni a quella del lavoro - paghi oggi il 2% di interessi in più di Parigi sul proprio debito pubblico?
Se la pressione internazionale dei mercati - veicolata attraverso l'andamento degli spread - è legata in particolare alla produttività e al costo del lavoro, come mai la Francia che ha un costo del lavoro pari a 116,4 (indice misurato dalla Banca mondiale) e una produttività 85,3 paga sui mercati finanziari 200 punti base in meno dell'Italia (il cui indice di produttività è quasi identico (85,2)? Senza contare la spesa pubblica, tallone d'Achille dell'Italia che, includendo anche quella improduttiva (che non genera Pil) arriva al 45% mentre la Francia va oltre il 50%.
Sbagliano i mercati? O cosa? Quale è il segreto per cui la Francia è stata sinora al riparo dalla speculazione finanziaria che ha invece colpito il Sud Europea e la periferia?
Perché la Francia non è stata attaccata
«La differenza con l'Italia sta soprattutto nel fatto che l'area euro è più dipendente dal binomio Francia/Germania che non dai rapporti Italia/Germania. Anche se l'Italia ha una traiettoria migliore dal punto di vista fiscale rispetto alla Francia, la costruzione dell'area euro è quello che più preoccupa e Hollande e la Merkel stanno facendo bene in questo momento», spiega Philippe Waechter, capo economista di Natixis Asset Management.
«Nonostante il costante deterioramento dei conti pubblici, una crescita sempre più anemica e una retorica politico-populista a prima vista decisamente ostile agli investitori, riteniamo che sia difficile ipotizzare un attacco alla Francia - spiega Edoardo Chiozzi Millelire, responsabile per l'Italia di Convictions Am -. La ragione principale è che la Francia è e resterà saldamente ancorata alla Germania. Costi quel che costi e a prescindere dal colore politico e dalla personalitá dei diversi dirigenti del Paese. Questa è una costante e un caposaldo di lungo termine della politica francese. A questo si aggiunge un sistema di "governance" politica efficace. L'esecutivo puó contare su una solida maggioranza parlamentare, grazie al sistema maggioritario a doppio turno, e su un bicameralismo imperfetto incentrato sull'Assemblée Nationale (Camera dei Deputati, ndr) che garantisce un processo legislativo efficace.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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