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Questo articolo è stato pubblicato il 28 gennaio 2013 alle ore 18:15.

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La politica deve stare fuori dalle erogazioni creditizie, altrimenti facciamo altre cose che sono note a tutti e che hanno portato soltanto a dei disastri annunciati". Ha mai detto no ad operazioni che non la convincevano?
"Non ricordo nello specifico. Ricordo comitati strategici che la capogruppo organizzava. Ricordo che non eravamo incentivati a prendere la parola, perché la linea in quelle riunioni veniva data dal presidente e il direttore generale assentiva soltanto. Non c'erano dei contributi e un dibattito proficuo rispetto al da farsi. Ma si parla di decisioni strategiche e quindi l'osservatorio più qualificato per prendere quelle iniziative era sicuramente quello della capogrupo, però non c'era nemmeno un grande spirito di squadra, c'era un uomo solo al comando".

Allora perché sarebbe stato "spintonato"?
"Invitato cordialmente.... Non ho niente da rimproverare. C'è una policy che vige al Mps, da decenni: quando uno matura il diritto alla pensione viene accompagnato a fare la domanda di pensione, tutto qui. Mi sono stupito avendo fatto risultati molto positivi a 58 anni e mezzo una persona venga allontanata, anche se avevo ancora nelle mie corde e nelle mie possibilità quelle di dare un contributo allo sviluppo della banca che mi era stata affidata". Ci sono molte ricostruzioni sull'acquisizione di Antonveneta, tra cui quella che ipotizza un accordo segreto con Santander per truccare i conti dell'operazione, in modo da farla concludere a 9 miliardi e creare una ricca plusvalenza da potersi spartire.

Ricostruzione plausibile?
"Ovviamente non sono a conoscenza di niente di sicuro rispetto a fatti contrari alla legge e alla deontologia professionale, se avessi elementi li porterei al magistrato. Io non ho elementi da apportare alle indagini, dico soltanto che è vero che in quel momento storico era l'ultima occasione per Mps di diventare una grande banca. Ma da qui a dire che per cogliere questo obiettivo si possa pagare un'altra banca 9 miliardi che poi sono diventati oltre 10 credo che ce ne corra. Oltretutto (non è una regola imposta dalla vigilanza, ma questione di buonsenso) quando si fa un acquisto di un asset così importante ad un prezzo che vale una finanziaria di uno stato, come minimo si prendono delle garanzie e precauzioni. Qui non ci sono state nè una due-diligence, nè garanzie né altro tipo di iniziative cautelative di questo tipo. Si è voluto fare a qualsiasi costo in quel momento un'operazione che forse era giudicata importante per la crescita del gruppo, ma come minimo è stata un'operazione avventata".

Ritiene che sia stato questo l'errore più importante che ha portato alla situazione attuale?
"Storicamente l'errore più grossolano che poteva essere compiuto. Anche al di là di responsabilità di carattere civile e penale, io credo che abbia prevalso la volontà parossistica di arrivare ad un risultato eclatante - rispetto ad un ego di una dirigenza - ha portato a sottovalutare le conseuguenze. Anche se, va riconosciuto, non potevano essere previste le crisi finanziarie, economiche e sociali che i subprime hanno determinato".

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