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Questo articolo è stato pubblicato il 26 marzo 2013 alle ore 08:19.

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Alenka Bratusek, premier sloveno (Afp)Alenka Bratusek, premier sloveno (Afp)

È ancora troppo presto dire se la Slovenia potrà essere il prossimo Paese dell'Eurozona a dover chiedere aiuti internazionali per salvare il sistema bancario, anche se voci a questo proposito girano già da un anno, da quando è diventato chiaro che i maggiori istituti finanziari potrebbero non reggere da soli la stretta creditizia.

In un recente rapporto della Commissione nazionale per la lotta alla corruzione in Slovenia, si sostiene che «le maggiori banche slovene hanno elargito nello scorso decennio enormi somme di crediti, ora ritenuti tossici», che ammonterebbero a un quinto del Pil nazionale della Slovenia. Le direzioni delle banche avrebbero in molti casi preso decisioni «in base a rapporti politici e personali, in un'atmosfera di corruzione politica strutturale». Secondo la stampa, la relazione sulle banche slovene, che sono in gran parte di proprietà dello Stato, stimerebbe i "crediti tossici" a circa 7 miliardi di euro. Proprio per le alte quote di crediti rischiosi nei loro portafogli, stimati a circa il 20% del totale dei prestiti concessi, nei mesi scorsi la Nova ljubljanska banka (Nlb) e la Nova kreditna banka Maribor (Nkbm) si sono viste declassare da parte delle maggiori agenzie di rating.

La maggior parte degli analisti sloveni e della stampa indicano che ci sono notevoli differenze con Cipro. Si sostiene in particolare che il sistema bancario sloveno non sia «enorme come quello cipriota, come anche il debito pubblico, molto più contenuto in relazione al Pil». Inoltre, gli interessi richiesti sui titoli di stato sloveni non suggeriscono un imminente crollo che costringerebbe il Paese a rivolgersi alla troika. Comunque la stampa, citando fonti anonime di Bruxelles, avverte che per la Slovenia «saranno cruciali i prossimi due mesi, nei quali deve mettere in atto le misure per risanare le banche».

Il nuovo Governo di centrosinistra dovrà decidere al più presto se istituire o meno una "bad bank" che si addosserebbe i debiti inesigibili, per poi ricapitalizzare le banche prima di privatizzarle, piano già votato in Parlamento. Nel 2012 le banche slovene hanno registrato una perdita totale di 606 milioni di euro, 67 milioni in più rispetto al saldo negativo dell'anno precedente. L'ex ministro delle Finanze, Janez Sustercic, è dell'opinione che molto probabilmente la Slovenia «sarà costretta a chiedere aiuti internazionali se il piano per il risanamento delle banche verrà bloccato».

Ma la nuova premier slovena Alenka Bratusek getta acqua sul fuoco. «La Slovenia è un Paese stabile che sarà in grado di risolvere da solo i propri problemi e non avrà bisogno di un programma di aiuti finanziari simile a quello per Cipro». Lo ha affermato ieri , dopo voci sulla stampa internazionale che Lubiana potrebbe essere il prossimo Paese dell'eurozona a rivolgersi alla troika. «Qualsiasi paragone con Cipro riguardo alle finanze pubbliche e al sistema bancario è in questo momento inutile e inadatto», ha spiegato Bratusek.

In un comunicato stampa del ministero delle Finanze diffuso ieri a Lubiana si legge che «il Governo sloveno guarda con favore al pacchetto di aiuto di 10 miliardi di euro accordato a Cipro, ma, nonostante i problemi, una simile misura non servirà alla Slovenia». Anche il governatore della Banca nazionale slovena, Marko Kranjec, si è detto fiducioso che la Slovenia potrà risolvere la questione bancaria da sola.

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