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Questo articolo è stato pubblicato il 30 aprile 2013 alle ore 07:11.
Un rally impressionante, quello di ieri del BTp. Il decennale ha chiuso la giornata mettendo a segno un rialzo del 3,75%, con tassi d'interesse scesi al 3,92%. E la maxi asta da 6 miliardi tra titoli quinquennali e decennali è stata digerita dai mercati senza problemi, per il massimo dell'importo offerto e con una buona domanda (4,26 miliardi per i decennali, con un rapporto di copertura di 1,42; e 4,08 miliardi per i quinquennali, con un rapporto di copertura di 1,36). Era dall'ottobre del 2010 che il Tesoro non riusciva a collocare un decennale al di sotto del 4%. Il tutto nonostante in mattinata fossero usciti dati deludenti, a eccezione della fiducia dei consumatori (unica in linea con le aspettative).
Prosegue dunque il gran ritorno del risk appetite sui titoli di Stato tricolori, che negli ultimi giorni hanno performato meglio dei Bonos (ieri i decennali spagnoli hanno guadagnato "solo" il 2,7%). I motivi? Ovviamente troneggia la nascita del Governo Letta. Dopo due mesi di incertezza politica la fiducia all'esecutivo delle grandi intese prosegue e accentua «la tendenza che ha preso forma dalla scorsa settimana con la rielezione di Napolitano alla Presidenza della Repubblica - osserva un operatore interpellato da Radiocor - . Continuano ad esserci forti flussi di acquisto su tutte le scadenze».
Anche la conferma del rating da parte di Moody's, venerdì sera, pur se con il mantenimento dell'outlook negativo, è stata vissuta con sollievo dagli operatori: «non sembrano destare preoccupazione i commenti dell'agenzia di rating - sottolinea Vincenzo Longo, market strategist di IG Markets - che ha mantenuto l'outlook negativo sul debito a lungo termine italiano».
E poi gioca naturalmente la fame di rendimenti scatenata dalla liquidità immessa dalle banche centrali. Oltre, naturalmente, alle attese per dopodomani di un taglio di venticinque punti base del tasso Bce "refi" da parte da parte dell'Eurotower guidata da Draghi. Il tutto premia la scelta del Tesoro che ha spinto molto sull'acceleratore delle emissioni in questi primi 4 mesi del 2013. Secondo i calcoli di Banca Intesa, infatti, dopo le aste odierne, il Tesoro ha collocato da inizio anno titoli per un importo nominale di 196 miliardi di euro, pari al 44% delle emissioni complessive attese nel 2013. «In termini netti - afferma Chiara Manenti, economista del servizio studi di IntesaSanpaolo - l'offerta da inizio anno risulta pari a 68 miliardi di euro, rispetto ad un fabbisogno di cassa annuale previsto dal governo a 74 miliardi di euro».
Il calo dello spread e dei rendimenti non è finito, favorito da un incrocio di circostanze favorevoli (per il momento). Fino a dove può arrivare? L'ex direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni, ora ministro dell'Economia, pochi giorni fa a margine del Fmi di Washington aveva dichiarato che «lo spread è ancora troppo alto: dovrebbe essere a 100 considerato quello che ha fatto l'Italia».
Ma la corsa potrebbe anche essere breve. «Il trend rialzista non è scontato - sottolinea Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management - E' un'euforia da esasperazione: come quando, in campionato, si gioisce per aver evitato la retrocessione. Da domani gli investitori seguiranno passo passo le azioni concrete del nuovo Governo».
A riportare l'Italia sulla terra anche l'altra grande agenzia di rating. Standard & Poor's ieri sera ha ricordato al Governo Letta che «con un debito a circa il 125% del Pil alla fine del 2012 contro il 103% della fine del 2007, la flessibilità fiscale dell'Italia è limitata. Un'inversione rispetto alle recenti misure di entrate non sarebbe compatibile con le nostre attese di un picco del debito alla fine di quest'anno. Riteniamo che ci sia un significativo rischio che l'economia italiana possa non riprendersi nella seconda metà del 2013. L'economia infatti potrebbe continuare a contrarsi e questo mettere a rischio l'appoggio politico e fiscale alle riforme».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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