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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2013 alle ore 07:09.

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Il prossimo 22 settembre non sarà un equinozio come un altro. Perché in quel giorno l'area euro conoscerà chi sarà il prossimo Cancelliere della Germania. Al momento favorita è la nuova lady di ferro Angela Merkel. Il suo partito, la Cdu (Unione cristiano-democratica) è in vantaggio. Ma le incognite - quando è ancora presto per dar peso ai sondaggi che vedono la Cdu al 42% e i socialdemocratici della Spd al 27% - sono tante. A partire dall'esito che riscuoterà il partito eurofobo tedesco Afd (Alternative für Deutschland) che secondo alcune indiscrezioni avrebbe - a poche settimane dalla nascita ad opera del 50enne professore di economia Bernard Lucke - già superato la soglia di sbarramento del 5%.

Lucke ha questo programma: fuori dall'euro subito Grecia, Cipro, Portogallo, Spagna, Italia e "probabilmente" anche della Francia. Dopodiché ci dovrebbe essere una fase transitoria di 4-5 anni con l'euro in parallelo alle monete nazionali. La fine globale della zona euro, con il ritorno al marco anche per la Germania, dovrebbe avvenire, secondo i suoi piani, entro il 2020, al limite con un'unione monetaria con la Finlandia, l'Austria e l'Olanda.

L'Afd potrebbe anche trovare sponda nel recente successo dell'Ukip (United Kingdom Independence Party), il partito anti-euro della Gran Bretagna. Il "partito dei clown" - così è stato definito dal premier conservatore David Cameron - ha ottenuto un quarto dei voti nelle elezioni amministrative, guadagnando 140 seggi comunali e sorprendendo i Tories che invece ne hanno persi 335.

Resta il fatto che tanto l'Afd quanto l'Spd rappresentano una forte incognita per la Merkel e per la probabile riproposizione di una strategia mirata a proseguire con l'austerity - per il via dell'Unione europea - nei confronti dei Paesi periferici. Via che ultimamente pare sia stata messa in standby come dimostrano la proroga sul deficit/Pil concessa dalla Commissione europea ai Paesi che sono oltre il 3% (Francia e Olanda tra i Paesi dell'area "core", Slovenia e Spagna tra i "periferici") e il taglio dei tassi della Bce al minimo storico dello 0,5%. Standby che - secondo alcuni esperti - sarebbe anche legato al fatto che ormai mancano pochi mesi alle elezioni tedesche e che quindi ci sia poco interesse dal lato tedesco ad alimentare tensioni che potrebbero far emergere i bubboni in sospeso nell'Eurozona - Slovenia e Portogallo in prima fila - che rischierebbero di far perdere punti all'elettorato della Cdu, tradizionalmente contrario agli aiuti verso il Sud Europa.

Se l'Afd punta a un'uscita della Germania dall'euro, l'Spd è comunque più aperto a posizioni espansive e più orientate al progetto di "Stati Uniti d'Europa", tra cui su tutte l'adozione di Eurobond, bond garantiti da riserve auree da destinare all'implementazione di infrastrutture in Europa che - a detta dell'economista Alberto Quadro Curzio, uno degli ideatori - rilancerebbero l'occupazione gettando le basi per una maggiore integrazione e una ripresa economica nel medio-lungo periodo.

Il 22 settembre rischia di essere uno spartiacque per il futuro dell'Europa proprio perché se la Merkel dovesse vincere ampiamente non è da escludere un ritorno di fiamma dell'austerity nella periferia, nonostante le ultime polemiche rilanciate dal premio Nobel per l'Economia Paul Krugman, con un eventuale ritorno delle tensioni sui debiti sovrani che invece in questo momento stanno vivendo un'eccezionale caduta dei rendimenti. Anche se va precisato che questa caduta è alimentata più che altro dalla forte liquidità iniettata dalle banche centrali e da grandi investitori a caccia di alti rendimenti in un contesto in cui molte economie big viaggiano a tassi pressoché azzerati e rischiano, di conseguenza, di sperimentare le sabbie mobili della trappola della liquidità in cui è caduto il Giappone agli inizi degli anni '90.

Se invece la Merkel dovesse vincere con una maggioranza più risicata potrebbe essere costretta a fare delle concessioni agli avversari, dovendo mediare tra rigore e politiche espansive. In questo caso potrebbe rinunciare al desiderio di un rialzo dei tassi, come recentemente espresso sottolineando che «la Germania avrebbe bisogno di tassi più alti» (frase inascoltata dal governatore della Bce che ha invece tagliato il costo del denaro allo 0,5% il 2 maggio).

Resta il fatto che secondo molti esperti l'attuale calma sui debiti sovrani dell'Eurozona è solo apparente e che dopo il 22 settembre potrebbero riemergere i problemi europei. C'è, quindi, il rischio che dopo le elezioni tedesche gli investitori tornino a colpire i debiti sovrani dell'Eurozona?

«Esiste e sta condizionando a mio giudizio le scelte politiche della Cancelliera che se da un lato sa che la Germania e l'Europa non possono fare a meno di prendersi cura della buona saluta dei periferici – allentando quando possibile i piani di austerity per permettere una ripresa della crescita e la stabilizzazione dei mercati occupazionali domestici- dall'altro non ignora il malcontento tedesco nei confronti degli aiuti dati ai paesi in difficoltà, che potrebbe portare il partito anti europeista "Alternative fuer Deutschland" a conquistare il 20% dei consensi alle prossime elezioni - spiega Giordano Beani, direttore investimenti di Bnp Paribas investment partners -. A dispetto del successo per ora mediatico di questo partito e dei molti e pericolosi dubbi nella politica europea di Berlino, per la maggioranza dei tedeschi gli interessi europei del Paese hanno avuto finora la meglio sulla paura di un futuro troppo incerto. Credo che l'evoluzione della congiuntura economica tedesca – che negli ultimi mesi ha evidenziato una frenata a causa del rallentamento economico vissuto da molto periferici- sarà decisiva nell'orientamento dell'elettorato. Se le concessioni della Merkel e gli interventi della Bce avranno dato i loro risultati prima di settembre, la probabilità di un'avanzata anti-europeista scenderà».

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