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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2013 alle ore 07:12.

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La Bce ha tagliato i tassi allo 0,5% e il governatore Mario Draghi non esclude nuove manovre «se sarà necessario» ipotizzando anche uno scenario di tassi negativi. Se a questa strategia volta all'azzeramento dei tassi anche in Europa (che Federale Reserve e Giappone hanno abbracciato da tempo) si unisce il dato sulla liquidità che le banche centrali stanno immettendo sui mercati nasce un mix potenzialmente esplosivo.

La verità è che per uscire da questa crisi gli istituti che reggono i fili della politica monetaria stanno raspando il fondo del barile spingendo a man bassa sulle due più potenti cartucce a disposizione: ridurre/azzerare i tassi e iniettare nel mercato liquidità. Non a caso dal 2006 le banche centrali hanno immesso nel sistema 22mila miliardi di dollari. Soffermandoci sulle banche oggi più aggressive (Fed e Bank of Japan) gli Usa stanno stampando 85 miliardi di dollari al mese (con opzione al rialzo) e il Giappone 700 miliardi l'anno. Solo nel 2013, quindi, dovrebbero far "piovere dal cielo" altri 2mila miliardi di dollari freschi di zecca.

Soldi che gli investitori stanno canalizzando nelle forme di investimento più aggressive a disposizione del mercato in un contesto in cui, il progressivo azzeramento dei tassi spinge al minimo i rendimenti delle obbligazioni e delle forme di risparmio che remunerano la liquidità. È questo, ahinoi, il vero motivo per cui in questo momento i bond italiani, spagnoli e compagnia bella pagano meno di quanto pagavano prima dell'introduzione nell'euro. Perché a guardarla bene, l'economia reale e la dirompente disoccupazione stanno da tutt'altra parte e ci dicono che i tassi non dovrebbero essere ai minimi storici.

Gli investitori, foraggiati da liquidità senza eguali, stanno attingendo al pozzo dei tassi dei bond sovrani, considerati ora improvvisamente sicuri. Ed è qui che rischia di nascere una distorsione, di quelle che portano alle bolle finanziarie. Perché oggi più che mai è saltata la possibilità di percepire in modo adeguato il rapporto rischio/rendimento di un investimento. In questa fase di forte accelerazione dei prezzi dei bond sovrani (e conseguente calo dei rendimenti che si muovono in direzione opposta) asset class che fino a poco tempo fa erano considerate pericolose, e scottavano nei portafogli di banche e fondi di investimento, ispirano adesso un improvviso senso di fiducia.

L'investitore Warren Buffett ha ammesso che da un anno sta acquistando attività europee perché considera la crisi del Vecchio Continente come un'opportunità. Secondo il numero uno di Berkshire Hathaway, però, le azioni sono destinate a fare meglio delle obbligazioni, anche negli Usa. Anche se gli indici di Wall Street hanno toccato massimi storici, «i valori non sono eccessivamente alti e saliranno ancora di molto», ha detto Buffett, convinto che, al contrario, i titoli di Stato non siano una buona scelta, bensì «un investimento terribile». Il problema dei bond è che i prezzi sono tenuti «artificialmente alti» dal massiccio acquisto di asset della Federal Reserve: «Molte persone perderanno denaro quando i tassi torneranno a salire», ha detto il finanziere, soprannominato l'Oracolo di Omaha.

In questo contesto è sempre più difficile intercettare il rischio implicito di uno strumento finanziario con il forte rischio di assistere a violenti e improvvisi ribassi nel momento in cui le banche centrali dovessero decidere di richiamare indietro la liquidità iniettata. Ed è a quel punto che probabilmente l'ennesima bolla della finanziaria rischia di scoppiare. Quando e se accadrà effettivamente nessuno può dirlo perché ormai stiamo entrando nel territorio inesplorato delle metabolle in cui la finanza saltella di bolla in bolla pur di evitare o rimandare in tempi futuri la deflagrazione. Così, se dalla bolla di Internet a quella subprime ci sono voluti otto anni, adesso i tempi di formazione della prossima bolla (dei bond sovrani) sembra si siano terribilmente ridotti.

twitter.com/vitolops

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