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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2013 alle ore 13:55.

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Rischio bolla Paesi emergenti? - La Grecia ridotta a emerging - Rischia Samaras sul caso Ert - Scontro sulla chiusura tv

Povera Grecia: declassata a Paese emergente proprio nel momento in cui pare che nei Paesi emergenti stia scoppiando un'altra, l'ennesima, bolla della finanza. Ironia a parte, quest'oggi Msci - società internazionale che gestisce panieri di Borsa - ha deciso di togliere i titoli greci dall'indice delle nazioni sviluppate e di introdurli nell'indice dei Paesi emergenti a seguito dello scivolone accusato dal mercato di Atene, che dal 2007 ha lasciato sul parterre l'83% del proprio valore.

Allo stesso tempo però dalla categoria dei Paesi emergenti - nella quale rientrano a tutto tondo anche i cosiddetti Bric (Brasile, Russia, India e Cina) ma anche Sud Africa e Turchia - arrivano segnali preoccupanti. La Borsa del Brasile ha perso il 20% dal massimo annuale. Il real brasiliano è caduto ai minimi degli ultimi quattri anni sul dollaro, stessa sorte toccata al rand sudafricano. Il tutto mentre la rupia indiana segnava un minimo al ribasso sul biglietto verde. Vendite valutarie hanno colpito anche gli emergenti Messico e Fiippine. E che dire della Turchia che - complice le recenti manifestazioni di piazza contro il convervatorismo islamico del presidente Erdogan - ha visto scendere la Borsa di oltre 16 punti percentuali in due settimane, oltre a subire una nuova svalutazione della lira turca? Le vendite hanno colpito anche l'azionario russo (-10% da inizio mese).

A questo punto molti analisti temono che possa scoppiare una bolla nei mercati finanziari Paesi emergenti, colpendo indiscriminatamente bond, azioni e valute. Non è quindi un caso che molte banche centrali siano scese in campo nelle ultime ore per arginare le perdite delle valute.

Ma quali sono le ragioni che potrebbero consegnare nelle mani dei Paesi emergenti l'ennesimo cerino accesso della finanza? In primis, il timore che la Federal Reserve avvii - seppur gradualmente - una exit strategy dal terzo piano di quantitative easing inaugurato lo scorso anno e che prevede l'acquisto di bond governativi e agganciati ai mutui per un ammontare complessivo di 85 miliardi di dollari al mese. Timore che aleggia da qualche settimana nelle stanze dei trader e che sui Paesi emergenti avrebbe un effetto diretto dato che questi sono stati tra i principali destinatari dell'enorme massa di liquidità iniettata dall'inizio della crisi dalla Federal Reserve (circa 12 trillioni di dollari). A problemi legati alla "droga monetaria" si aggiungono quelli che arrivano dall'economia reale. Gli ultimi dati provenienti dalla Cina, infatti, non sono stati ben digeriti dai mercati. A maggio le esportazioni sono cresciute dell'1%, il livello più basso degli ultimi 10 mesi mentre i prezzi al consumo sono aumentati del 2,1% contro il 2,5% atteso. Mentre il Paese è alle prese con un calo della domanda interna e con lo spauracchio di una bolla immobiliare.

twitter.com/vitolops

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