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Questo articolo è stato pubblicato il 09 luglio 2013 alle ore 13:43.

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(Corbis)(Corbis)

Qualche mese fa Goldman Sachs ha sentenziato in un report: il prezzo dell'oro potrebbe scendere a 1.270 dollari l'oncia nel 2014. Era il 10 aprile e la quotazione del metallo giallo viaggiava a 1.588. Per scendere sotto 1.300 l'oro, però, ha impiegato solo poche sedute inanellando una serie di violenti ribassi.

Adesso la banca d'affari ha emesso una nuova sentenza: l'oggetto questa volta sono i tassi di interesse pagati dagli Stati Uniti per finanziare il debito. Secondo la banca sono destinati inevitabilmente a salire verso il 3% nel 2014 e in area 4% entro il 2016. Come mai? «Il miglioramento delle previsioni sull'economia americana, un calo del rischio sistemico nell'area euro e la riduzione degli acquisti di bond da parte della Fed», spiega Francesco Garzarelli, capo delle ricerche di mercato per l'Eurpopa in Goldman Sachs.

Sarà così? Il trend attuale - con i Treasury a 10 anni in rialzo al 2,7% ai massimi da agosto 2011 mentre i tassi dei titoli a 3 anni sono raddoppiati rispetto al 28 maggio passando allo 0,715% dallo 0,354% - è senz'altro rialzista. Domani, quando parlerà il governatore della Federal Reserve Ben Bernanke, qualche altro dettaglio - per corroborare o meno questa tendenza - potrebbe emergere.

Ma intanto è evidente che dal 19 giugno - quando la Fed ha annunciato che entro il 2014 porrà fine al piano di stimoli monetari se la disoccupazione Usa si direzionerà verso il target del 6,5% - sono state rotte le uova nel paniere dei tassi sui titoli dei debiti sovrani.

E questo non può che cambiare anche le strategie di carry trade che da sempre trader e investitori istituzionali perseguono. Di cosa si tratta? Molto semplicemente "fare carry trade" significa prendere soldi in prestito in una valuta di un Paese dove il costo del denaro è molto basso per investire in titoli espressi in valute di Paesi che offrono tassi più alti. È un investimento che va a cogliere le differenze dei tassi che presentano le varie economie. Ma, come può apparire evidente, oltre alla differenza dei tassi un aspetto fondamentale lo gioca l'andamento delle valute. Perché ogni operazione di carry trade incorpora il rischio cambio.

Per questo è importante che la valuta del Paese o dell'area in cui si prendono soldi in prestito sia stabile o, meglio ancora, al ribasso. Ad esempio se voglio fare carry trade tra Stati Uniti (dollaro Usa) e Italia (euro) come faccio? Per prima cosa prendo in prestito soldi nel Paese che paga tassi più bassi (dove costa meno quindi ottenere il prestito). Quindi prendo in prestito soldi negli Usa. A quel punto ho dei dollari e voglio acquistare i BTp italiani che rendono il 4,8%. Cosa devo fare? Ho bisogno di vendere dollari e comprare euro (perché i BTp sono quotati in euro). Se però il dollaro si apprezza nei confronti dell'euro l'operazione mi conviene via via meno fino a scivolare potenzialmente anche su un rendimento negativo.

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