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Questo articolo è stato pubblicato il 11 luglio 2013 alle ore 15:12.

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Corruzione in Nigeria, Saipem condannata. Confiscati 24,5 milioni

Una multa da 600mila euro e la confisca di 24,5 milioni. È quanto la Saipem, società del gruppo Eni, dovrà pagare in seguito alla condanna per illecito amministrativo decisa dai giudici della quarta sezione penale del tribunale di Milano al termine del processo per corruzione internazionale in Nigeria.

La società del gruppo Eni era imputata in virtù della legge 231 del 2001 sulla responsabilità degli enti ed era rimasta l'unica sul banco degli accusati dopo che per cinque manager – all'epoca dei fatti dipendenti della Snamprogetti (poi incorporata in Saipem) – era stata dichiarata la prescrizione del reato. I pm Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro avevano chiesto la condanna a una multa di 900mila euro, oltre alla confisca dei 24,5 milioni, ma il tribunale ha concesso uno sconto di un terzo appliocando alla società le attenuanti generiche.

La somma di cui De Pasquale e Spadaro avevano chiesto la confisca era stata già versata nel febbraio 2011 da Snamprogetti Netherlands. In quella occasione la procura di Milano aveva rinunciato al ricorso al tribunale del riesame sulla richiesta di misure interdittive per Saipem. I 24,5 milioni di euro sarebbero la differenza «tra il profitto illecito individuato dall'autorità giudiziaria italiana, cioé 65 milioni e l'importo versato come risarcimento dalla società alla Nigeria», come aveva spiegato lo stesso De Pasquale nella sua requisitoria.

All'inizio del processo erano imputati anche Luigi Patron, presidente di Snamprogetti dal 25 maggio 1996, Angelo Caridi, amministratore delegato Snamprogetti dal 29 luglio 2002, e tre dirigenti del gruppo all'epoca dei fatti (dal 1995 al 2004), Ferruccio Sigon, Alfredo Feliciani e Mauro Lazzari, accusati di corruzione internazionale. I fatti contestati alle persone fisiche sono caduti in prescrizione lo scorso anno e nell'aprile 2012 il reato di corruzione internazionale che veniva loro imputato è stato dichiarato estinto.

Secondo la ricostruzione dei pm, – accolta dal tribunale – per dieci anni, dal 1994 al 2004, il consorzio Tskj, di cui facevano parte Snamprogetti Netherlands BV (società controllata da Eni, confluita in Saipem, con una quota del 25%), gli americani di Halliburton, i francesi di Technip e i giapponesi di Jgc, avrebbe pagato 180 milioni di dollari in tangenti a politici e funzionari della Nigeria in cambio degli appalti per la costruzione di impianti di liquefazione del gas a Bonny Island, nel sud del Paese africano, un progetto da 6 miliardi di dollari.

I difensori di Saipem, gli avvocati Angelo Giarda e Massimo Pellicciotta, hanno annunciato ricorso in appello dopo aver espresso «estrema meraviglia per l'esito totalmente sganciato dalle acquisizioni probatorie emerse in sede dibattimentale. Aspettiamo di leggere le motivazioni della sentenza per poterla impugnare», hanno aggiunto.

Secondo Saipem, che ha diffuso una nota subito dopo la lettura della sentenza, «la decisione» del Tribunale di Milano, nel procedimento relativo ai presunti illeciti in Nigeria da parte di Snamprogetti Netherlands Bv, «non ha alcun impatto finanziario su Saipem». Nella nota si precisa anche che «Eni, in occasione della cessione di Snamprogetti, si era impegnata a indennizzare Saipem per le perdite a danno di quest'ultima con riferimento alla vicenda Tskj».

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