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Questo articolo è stato pubblicato il 10 settembre 2013 alle ore 09:26.

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Quante cose fareste con 20 miliardi di euro l'anno? Potreste ripagare l'Imu prima casa agli italiani quattro volte, oppure pagare due volte le pensioni a quei circa 130mila italiani che percepiscono dai 5.291 ai 10.101 euro l'anno di rendita. Volendo, potreste comprarvi ogni anno venti F35, i contestati aerei. Insomma potreste farci davvero molte cose. Ma perché proprio 20 miliardi di euro? Questa è la differenza tra quanto ogni anno spende l'Italia e quanto spende ogni anno la Germania come spesa di interessi sul debito pubblico. In altre parole ciò che i due Stati riconoscono in termini di rendimenti ai sottoscrittori dei loro Bund o BTp.

Com'è noto, l'Italia ha un debito pubblico enorme - poco più di 2mila miliardi di euro - e su questi, come gli altri paesi, paga interessi che oscillano in base all'andamento dei mercati: maggiore è il rendimento dei titoli di Stato, maggiore sarà la spesa per interessi sul debito. Lo spread Italia-Germania, ossia il differenziale di rendimento tra i titoli decennali italiani e tedeschi, ci dice la distanza tra i rendimenti dei due paesi e negli ultimi anni abbiamo giustamente osservato questo differenziale per monitorare il livello di "salute" delle finanze italiane rispetto al benchmark europeo, quella Germania che si dà per scontato rappresenti il modello più virtuoso di gestione delle finanze pubbliche.

Invece che di punti percentuali, questa differenza è calcolabile in termini di euro: quei 20 miliardi circa l'anno che il nostro Paese paga più della Germania per sostenere il proprio debito. E importa relativamente chi detiene quei titoli: se sono sottoscrittori italiani è denaro che resta in circolo (sempre che non vengano detenuti in casseforti estere...), se invece si tratta di sottoscrittori esteri quel denaro varca i confini nazionali e se ne va via. Quanto? Ogni anno almeno paghiamo circa 35 miliardi di euro gli investitori internazionali per ringraziarli della loro fedeltà ai nostri BTp nella speranza che la mantengano. Totale: nel 2012 l'Italia ha pagato 84,8 miliardi di euro di interessi sul debito.

Quello «spread»in aumento

Il punto è che quei venti miliardi di differenza che l'Italia ha pagato nel 2012 più della Germania è una cifra crescente: secondo un'analisi di Barclays il differenziale ammontava a 10,6 nel 2011, a 5,8 nel 2010 mentre nel 2009 era a 6,1 miliardi di euro. Il 2008, anno cruciale della crisi del debito, lo spread di spesa per interessi tra Italia e Germania era di 11,6 miliardi. Perché questa crescita? Le oscillazioni dei mercati contano ma conta di più lo stock di debito che, come detto, in Italia è in crescita e si autoalimenta. Il tema non riguarda solo il BelPaese che ma altrove assume proporzione decisamente diverse: La Francia ha pagato l'anno scorso 52,6 miliardi di euro, in crescita rispetto ai 46 miliardi del 2009; la disastrata Spagna ha pagato la bellezza di 31 miliardi di euro, in netto rialzo rispetto ai 17 del 2008; e che dire della Polonia che ha nazionalizzato le pensioni private per tagliare il rapporto debito/Pil dell'8% per scendere sotto il 50%?

Le soluzioni, i problemi e i punti di forza

Il premier Enrico Letta a Cernobbio citando la spesa di interessi sul debito l'altro giorno si è posto quesiti analoghi rispetto a quelli espressi all'inizio di questo articolo. Il tema privatizzazioni è un tema tornato alla ribalta nel processo di risanamento della spesa pubblica. Perché il debito non è solo sostenibile o meno: tema che va sotto il capitolo del rishcio default (evidentemente residuale per un paese come il nostro); il problema del debito è che è anche costoso, molto costoso. «La spesa per interessi rimane il tallone d'Achille Italiano - Fabio Fois, economista di Barclays - Ridurre lo stock di debito la strada da seguire. Prova ne è il fatto che fra le quattro economie più grandi dell'area euro, L'Italia è il paese con il più alto surplus primario (al netto degli interessi), 2.5% of GDP nel 2012». E ciò che fa rabbia è proprio questo dato, che più degli altri evidenzia la salute "relativa" delle finanze pubbliche. Ma che viene inevitabilmente zavorrato dal debito e dal suo costo.

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