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Questo articolo è stato pubblicato il 04 ottobre 2013 alle ore 13:23.

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Alitalia, nuovo confronto in cda. Calavia: «Piano Air France? Non c'è»

Nuovo cda di Alitalia a Milano in vista dell'assemblea del 14 ottobre che dovrà varare il mini-aumento di capitale da 100 milioni di euro e la riapertura del prestito obbligazionario (55 milioni), fondamentali per ridare fiato alle casse del vettore. La vigilia della riunione del board è stata segnata dalle indiscrezioni su un presunto piano di Air France per Alitalia che prevederebbe una robusta riduzione dei costi, il dimezzamento della flotta e il ridimensionamento dell'hub di Fiumicino.

Rumor stoppati però da Philippe Calavia, membro del cda e direttore finanziario di Air France. «Nessun piano, non leggete i giornali», ha tagliato corto il consigliere francese. «Preoccupato? Io sono prudente per ruolo e ottimista per natura». Anche altri membri del board di Alitalia, come Maurizio Traglio, hanno detto di non essere a conoscenza di un piano transalpino per l'ex compagnia di bandiera. «Non ci sono condizioni, non abbiamo notizie del piano francese».

Alla ricerca di risorse fresche per pagare fornitori e stipendi
Alitalia ha bisogno immediato di risorse fresche per onorare alcuni impegni a breve termine e per pagare gli stipendi dei dipendenti fortemente a rischio. Prima ancora dell'aumento di capitale, che si affianca a una nuova iniezione di fondi da parte delle banche (300 milioni di euro), è infatti necessaria altra liquidità per evitare l'assedio dei fornitori e la rivolta dei dipendenti. Lo spettro del default è dietro l'angolo e il dossier è finito sul tavolo di un vertice a Palazzo Chigi convocato martedì dal premier Letta e che è stato riaggiornato a lunedì prossimo.

Per il momento nessun cavaliere bianco alle viste
Il governo non vuole una società indebolita prima delle possibili nozze con Air France. Ma molte armi, almeno per ora, sembrano spuntate. Cdp e Fondo strategico si sono per adesso tirati indietro invocando i paletti degli statuti e, alle viste, non appare percorribile nemmeno il matrimonio con Fs (giusto ieri l'ad Mario Moretti si è mostrato freddo rispetto all'ipotesi di un intervento). Il salvataggio appare quindi un traguardo non semplice se banche e soci non metteranno mano al portafoglio.

Il doppio sforzo chiesto alle banche
Le prime non hanno chiuso la porta. A loro si chiede uno sforzo ingente: 300 milioni di nuove linee di credito e, in più, la copertura delle quote inoptate del mini-aumento attraverso un consorzio di garanzia. Sia UniCredit che Intesa Sanpaolo (anche azionista del gruppo con l'8,85%), chiamate allo sforzo più consistente, non si sono sfilate e lo hanno ribadito anche al premier Letta, ma nessuna è disposta a firmare una cambiale in bianco. Chiedono uno sforzo di tutti, a cominciare dai soci dell'ex compagnia.

Il rebus dei soci chiamati a mettere di nuovo mano al portafoglio
Su questo fronte le certezze sono davvero poche. Gli azionisti disponibili sarebbero al momento solo Intesa, appunto, l'Immsi di Colaninno e forse Atlantia. Mentre Air France-Klm - impegnata in queste ore con un piano di riduzione della spesa e nuovi esuberi - è pronta ad accollarsi parte dello sforzo finanziario ma a condizioni molto dure: soltanto se ci sarà una ristrutturazione pesante della compagnia, con una rivisitazione profonda del piano industriale di Del Torchio, focalizzato sull'avvio di nuove rotte intercontinentali.

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