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Questo articolo è stato pubblicato il 30 ottobre 2013 alle ore 13:44.
L'ultima modifica è del 30 ottobre 2013 alle ore 20:02.

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Da anni in Italia le regole di contrasto all'evasione e al riciclaggio si scontrano con l'uso – e l'abuso – del contante, un'abitudine (o un vizio) tutto nazionale. Il "tetto" alle operazioni e agli investimenti che si possono effettuare con l'uso di banconote viene periodicamente abbassato e nuovamente innalzato. Ora su questo fronte si è riaccesa la discussione tra le forze politiche, in particolare tra chi, come il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, chiede di mantenere basso il tetto all'uso del contante e chi invece, come il vicepremier Angelino Alfano, propone di innalzarlo introducendo però il contrasto d'interessi. Sul tema è intervenuto anche il presidente del Consiglio, Enrico Letta: «Il nostro Paese deve essere un Paese nel quale» vige «la trasparenza sul tema dei pagamenti elettronici, delle ristrutturazioni edilizie, dell'antisismico, dell'ecobonus, tutte misure che consentono la trasparenza, che é la miglior lotta all'evasione fiscale. Rifuggo da polemiche da giornali. Quello che conta sono le cose concrete, ad esempio ecobonus e ristrutturazioni edilizie che sono in questi giorni al massimo dell'incentivazione, e dico a tutti: "Approfittatene", a patto che si portino le ricevute e si possa far emergere il nero».

Ma gli italiani amano il contante
Il problema, come ribadito da una ricerca condotta dalla Doxa per conto di Wincor Nixdorf, multinazionale dei sistemi elettronici e meccanici per la monetica, è che il 60% degli italiani non uscirebbe mai di casa senza almeno qualche spicciolo in tasca, contro un 39% che non riuscirebbe a fare invece a meno di carte di credito o bancomat. In media gli italiani hanno con sé 65 euro e prelevano denaro contante 2,1 volte a settimana, con una media di 136 euro. La soglia psicologica per decidere di ricorrere a bancomat o carta di credito è intorno ai 143 euro. Ma il rapporto tra moneta cartacea ed elettronica è stabile: il 44% degli italiani continua a usare le due forme di pagamento nella stessa proporzione del passato.

Le regole in vigore
Le ultime modifiche legislative sul tema del contante risalgono al 2011: con la manovra contenuta nel decreto legge n. 138 del 2011 il Governo aveva ridotto il limite di utilizzo da 5mila a 2.500 euro, con efficacia immediata dal 13 agosto, lo stesso giorno di pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale. Nemmeno quattro mesi dopo, il decreto "salva Italia" (6 dicembre 2011, n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214) all'articolo 12, comma 1, aveva poi stabilito la riduzione a 999,99 euro dei limiti all'uso del contante e dei titoli al portatore previsti dalla legge 231/2007, testo cardine dell'antiriciclaggio. Ecco le regole principali, in vigore dal 6 o dal 31 dicembre 2011 : dal 6 dicembre 2011 non possono superare il tetto di 999,99 euro i pagamenti e i trasferimenti in contante; il valore di titoli al portatore nel caso di trasferimento; l'emissione, il versamento e l'incasso di assegni bancari e postali, di assegni circolari e vaglia cambiari o postali nel caso siano al portatore. Dal 31 marzo 2012, invece, il tetto di 999,99 euro riguarda anche il saldo dei libretti bancari o postali al portatore. Entro quella data i saldi eccedenti il tetto dovevano essere ricondotti entro quella cifra, pena pesanti sanzioni.

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