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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2014 alle ore 17:35.
L'ultima modifica è del 15 maggio 2014 alle ore 22:46.

Anche a Wall Street in serata si è assistito a sell-off che non si vedeva da cinque settimane. Il Dow Jones ha chiuso perdendo l'1% a 16.448,03 punti, il Nasdaq lo 0,76% a 4.069,29 punti e lo S&P 500 lo 0,9% a 1.871 punti. Le vendite sono legate a una serie di fattori tra cui una crescita deludende del Pil nell'Eurozona, produzione industriale sotto le stime negli Stati Uniti, dove la fiducia dei costruttori è per altro scesa ai minimi di 12 mesi, e trimestrali americane peggiori delle attese come quelle di Wal-Mart. L'indice Russell 2000, che raggruppa società a piccola capitalizzazione, è ufficialmente entrato in territorio da correzione (con un calo di oltre il 10% dal record storico di marzo).
Le vendite sull'azionario hanno alimentato gli acquisti sui Treasury: il decennale ha visto il rendimento rompere al ribasso la soglia di 2,5% per la prima volta dallo scorso ottobre. E' stato ignorato l'effetto positivo delle richieste settimanali di sussidi di disoccupazione, scese negli Stati Uniti ai minimi del maggio 2007.
Il tonfo di Piazza Affari
L'Italia accusa l'andamento deludente del Pil nel primo trimestre e accusa una serie di vendite sui titoli di Borsa e sui BTp. L'indice Ftse Mib ha chiuso in calo del 3,61%, fra una raffica di sospensioni sul settore bancario, mentre il rendimento del BTp decennale, che sulle prime era sceso di nuovo ai minimi storici al 2,89% è balzato nel pomeriggio fino al 3,10%, riportando spread nei confronti del Bund a quota 180. Il colpo per la verità è stato accusato anche dagli altri «periferici» d'Europa, Spagna in primis (-2,35%), mentre Francoforte ha cercato fino in fondo di reggere l'urto (-1%). Male anche Wall Street (segui gli indici in diretta), mentre l'euro ha recuperato quota 1,37 dollari (cambio euro/dollaro e convertitore di valute) dopo aver toccato i minimi da 3 mesi.
L'inattesa frenata europea
Il fronte macroeconomico è tornato quindi oggi grande protagonista sui mercati. Lo dimostrano i dati sulla crescita europea, che hanno deluso a livello generale (+0,2% rispetto ai tre mesi precedenti nell'Eurozona, la metà di quanto previsto) sia a livello di singoli Stati (-0,1% in Italia, -0,7% in Portogallo, invariata in Francia, -1,4% l'Olanda), ma non in Germania (+0,8%, oltre le attese), scatenando le vendite prima sui listini azionari, poi nel pomeriggio anche sui bond sovrani. E scatenando di riflesso anche la rincorsa al Bund, tornato «rifugio» per eccellenza, i cui rendimenti a dieci anni si sono ridotti all'1,30%.
Francoforte rivede le stime su Pil e inflazione
L'attenzione si sposta adesso sulla possibile reazione della Banca centrale europea (Bce), agli occhi della quale i dati della mattinata non saranno passati inosservati. Intanto, secondo quanto contenuto nel Bollettino mensile diffuso questa mattina, i previsori della Bce hanno alzato marginalmente la stima di crescita dell'Eurozona per il 2014 che è ora dell'1,1% (+0,1 punti percentuali) mentre hanno lasciato invariate all'1,5% quella per il 2015 e all'1,7% quella per il 2016. Al tempo stesso sono state riviste al ribasso le previsioni sull'inflazione: 0,9% quest'anno, 1,3% nel 2015 e 1,5% nel 2016. L'indice dei prezzi al consumo dell'Eurozona, probabilmente il dato più importante per capire se davvero la Banca centrale europea (Bce) premerà il piede sull'acceleratore a giugno proprio perché il controllo dell'inflazione è per statuto il compito numero uno dell'Eurotower, è intanto stato confermato in aprile allo 0,7% dopo lo 0,5% di marzo.
Il termometro della ripresa Usa
Varcando l'Oceano, l'inflazione Usa è salita dello 0,3% mensile e del 2% su base annua, in linea con le attese. La richieste di sussidi settimanali di disoccupazione sono scese oltre le previsioni a quota 297 mila, minimi dal 2007, e la produzione industriale è inaspettatamente scesa dello 0,6% in aprile. L'indice Filadelfia Fed sull'andamento del settore manifatturiero nell'area è sceso a 15,4 punti (meno del previsto). Dati contrastanti, funzionali alla comprensione delle future mosse della Federal Reserve e al suo processo di riduzione delle iniezioni di liquidità nel sistema (il cosiddetto tapering), che non hanno però impedito l'ondata di realizzi che ha investito la Borsa di New York.
Raffica di stop a Piazza Affari nonostante le trimestrali
A Piazza Affari le vendite hanno colpito soprattutto i titoli del settore bancario, molti dei quali sono stati anche sospesi al ribasso. Il tutto nonostante i dati di bilancio diffusi (è il caso di Intesa Sanpaolo, che ha chiuso il primo trimestre dell'anno con un utile netto di 503 milioni) siano stati in generale migliori delle attese. Solo Generali, che ha diffuso questa mattina i dati, è stata tra le poche a rimanere a galla per gran parte di giornata condizionata dalla delusione sul Pil, prima di chiudere comunque in calo dello 0,8%.
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