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Questo articolo è stato pubblicato il 03 ottobre 2014 alle ore 17:34.
L'ultima modifica è del 03 ottobre 2014 alle ore 22:17.

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Buona chiusura per Wall Street, con i maggiori indici che limano le perdite settimanali sull'onda del buon dato sull'occupazione americana a settembre: il Dow Jones sale dell'1,23% a 17.008,54 punti, il Nasdaq avanza dell'1,03% a 4.475,63 punti mentre lo S&P 500 mette a segno un progresso dell'1,1% a 1.967,7 punti.

Rimbalzo europeo
Pronto riscatto per i mercati azionari europei dopo la batosta subita ieri post-riunione Bce. Pur non riuscendo a recuperare tutte le perdite della vigilia, Piazza Affari ha chiuso in rialzo dell’1,54%, precedendo gli altri listini del Vecchio Continente (esclusa Francoforte, chiusa per festività). A favorire il recupero hanno contribuito i dati migliori delle attese sul mercato del lavoro negli Stati Uniti e il conseguente rialzo di Wall Street (segui gli indici in diretta). Gli effetti maggiori di questi ultimi si sono però fatti sentire soprattutto sul dollaro, che ha schiacciato l’euro ai minimi da due anni a 1,25 dollari (cambio euro/dollaro e convertitore di valuta) e anche l’oncia d’oro sotto quota 1.200 per la prima volta quest’anno. Lo spread BTp-Bund è invece sceso a 137 punti base, con il rendimento del decennale italiano al 2,30%.

La ripresa dell’occupazione Usa potrebbe influenzare la Fed
Le cifre superiori alle previsioni sull’occupazione Usa, dove a settembre sono stati creati 248mila nuovi posti di lavoro (ben oltre le attese di 215mila) e dove il tasso è sceso al 5,9% per la prima volta sotto la soglia del 6% dal 2008, hanno dato un segnale di rinnovata vitalità per l’economia a stelle e strisce. Potrebbero però condizionare la Federal Reserve ed eventualmente spingerla ad anticipare un’inversione di tendenza sulla politica monetaria, come sottolinea anche dal Wall Street Journal l’influente commentatore Jon Hilsenrath: «Un aumento dei tassi all’inizio del prossimo anno, che al momento non è la mossa che ci si attende dalla Fed, resta sul tavolo».

Ma i dubbi sul rialzo dei tassi restano
Tutto questo contribuisce in gran parte a giustificare la forte avanzata del dollaro, anche se tra gli operatori resta comunque incertezza sul tema tassi: «I dati sui posti di lavoro offrono segnali di miglioramento - sottolinea Paul Atkinson di Aberdeen AM - ma quelli sui salari e sulla partecipazione alla forza lavoro evidenziano il fatto che una ripresa su vasta scala della fiducia dei consumatori e del loro potere d’acquisto resta poco palpabile. E fino a che la situazione resterà tale pensiamo che la politica di Janet Yellen e della Fed resterà accomodante».

In calo gli indici Pmi europei (Germania esclusa)
Del tutto differenti i segnali in Europa, dove gli indici dei direttori d’acquisto (Pmi) del settore servizi hanno registrato, sempre in settembre, una nuova battuta d’arresto: l’indicatore italiano è sceso a 48,8 punti da 49,8 del mese precedente (sotto quindi la soglia «recessiva» dei 50 punti), quello francese a 48,4 da 50,3, quello spagnolo a 55,8 da 58,1. Unica eccezione la Germania, in risalita a 54,1 da 53,7. L’indice generale composito (cioè settore manifatturiero+servizi) per l’Eurozona ha rallentato a 52 punti, minimi da 10 mesi, contribuendo anche a frenare momentaneamente i listini e l’euro. Migliori delle attese invece le vendite al dettaglio, salite ad agosto in Eurolandia dell’1,2% rispetto al mese precedente e dell’1,9% annuo.

Bce senza punti di riferimento
Ieri la reazione dei mercati all’appuntamento clou della riunione Bce era stata veemente, e probabilmente anche un pizzico esagerata: il listino milanese aveva lasciato sul terreno quasi il 4% (peggiore seduta degli ultimi 19 mesi), facendo decisamente peggio del resto d’Europa; vendite, anche se di misura inferiore, si erano viste anche sui titoli di Stato, mentre l’euro aveva momentaneamente rialzato la testa. Questo perché limitandosi a rivelare i dettagli tecnici del piano di riacquisti di Abs e covered bond di prossima partenza, ma evitando di fornire cifre precise sull’esatto ammontare di asset che saranno comprati sul mercato (come invece hanno chiaramente fatto a suo tempo la Fed e la Banca del Giappone) Draghi ha chiaramente scontentato gli investitori.

Aumentano i «falchi» a Francoforte
«Una chiara indicazione di acquisto mensile, come accaduto nel caso della Fed, avrebbe probabilmente costituito una misura concreta dello stimolo quantitativo che l’autorità monetaria europea intende dare, soprattutto se al momento appaiono
esclusi acquisti di titoli di Stato», sottolinea Paolo Guida, Vice Presidente di Aiaf. Francoforte si è invece lasciata libera la possibilità di decidere in modo arbitrario l’importo (e di conseguenza la misura dell’allargamento del bilancio Bce) a seconda dello scenario che si verrà a creare, ma la mancanza di un punto di riferimento non è stata evidentemente ben accolta dagli operatori, che si preoccupano anche per la crescente opposizione che Draghi potrebbe incontrare all’interno del board dell’Eurotower. Oggi fonti non ben precisate raccolte da Bloomberg parlano anche di un disaccordo del francese Christian Noyer sul piano Abs, che quindi andrebbe a ingrossare il fronte dei «falchi» al quale appartengono già i banchieri tedeschi, austriaci e finlandesi.

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