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Questo articolo è stato pubblicato il 08 giugno 2010 alle ore 10:04.
In piena crisi economica, è un aiuto essenziale per chi deve mantenere i figli all'università. Tuttavia, quella che conduce a una borsa di studio è una strada tutta in salita: gli ultimi dati disponibili (anno accademico 2008/09) dicono che ad aver ottenuto una borsa di studio sono stati 151.760 ragazzi su 184.043 aventi diritto.
Il primo scoglio sono le differenze territoriali: le borse sono erogate dagli enti per il diritto allo studio, una cinquantina in tutta Italia, mentre criteri e importi cambiano (anche di molto) fra regione e regione o, in certi casi, fra ateneo e ateneo. Secondo le rilevazioni dell'Osservatorio regionale per il diritto allo studio universitario del Piemonte (che ha monitorato tutta la realtà nazionale), l'importo massimo a disposizione per uno studente fuori sede, nella fascia più bassa di reddito e di patrimonio, nel 2008/09 poteva variare dai 6.194 euro del Friuli Venezia Giulia ai 3.338 della Sardegna. Ampia la forbice anche per gli iscritti in sede: si passava dai 2.550 euro del Trentino ai mille della Toscana.
Le soglie d'accesso
Secondo intoppo sono i limiti di reddito. Le borse vengono concesse per merito a chi è privo di mezzi. Ma l'indicatore Isee, che insieme all'Ispe (per il patrimonio) serve a valutare la condizione economica delle famiglie, pur aggiornato annualmente all'inflazione, non è al passo con i tempi e taglia fuori gran parte degli universitari. Basti pensare che, per l'anno 2009/10, la soglia Isee era fra i 14.364 e i 19.152 euro: in una famiglia media di quattro persone era sufficiente che entrambi i genitori lavorassero per sforare il tetto, magari di poche centinaia di euro.
Terzo problema (il più grave) sono le risorse disponibili: anche chi, dopo aver passato tutti gli sbarramenti, risulta idoneo ad avere una borsa, non sempre riesce ad ottenerla. Il meccanismo di concessione dei fondi si basa su un Dpcm del 2001 e l'intero sistema non è stato revisionato alla luce della riforma del titolo V della Costituzione, in cui è previsto che lo Stato definisca i livelli essenziali delle prestazioni. I finanziamenti nazionali, erogati con un fondo integrativo, non sono sufficienti a coprire il fabbisogno e le regioni, che pur incassano gli introiti della tassa per il diritto allo studio, spesso non riescono a far fronte ai costi né integrano con risorse proprie.
Risorse limitate
Nell'anno accademico 2008/09 soltanto dieci regioni su 20 hanno garantito il sostegno al 100% degli aventi diritto. Se in generale cresce la percentuale dei beneficiari, in Calabria, Campania, Puglia e Molise ottiene aiuto solo uno studente su due, fra chi ha titolo. «Il quadro che emerge – spiega Maurizio Natali, presidente dell'Andisu, l'associazione che raggruppa il 90% degli enti per il diritto allo studio – è un'Italia a due velocità. Specie al Sud, dove i redditi dichiarati dalle famiglie sono più bassi ed è maggiore il numero di chi ha i requisiti per la borsa, il fabbisogno non è coperto».