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Questo articolo è stato pubblicato il 17 gennaio 2012 alle ore 18:34.

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In ogni caso l'articolo 13 del D.L. n. 201/2011 prevede l'obbligo della iscrizione nel catasto fabbricati tutte le costruzioni non censite entro il termine del 30 novembre 2012.

Sono comproprietario, assieme ad alcuni cugini, di diversi immobili accatastati come rurali, o da accatastare. Siamo in attesa di divisione giudiziale di questi immobili, istanze iniziate gia dai nostri rispettivi genitori ed ereditate da noi. Quindi siamo tutti in attesa di sapere quale immobile ci verrà assegnato, ma i tempi si presentano ancora lunghi per diverse situazioni complesse e delicate. Ai fini del Dl 78/10 (accatastamenti e regolarizzazioni entro il 31 dicembre 2010) come possiamo fare? Essendo per vie legali, per la divisione ereditaria possiamo ritenerci per il momento esentati?
Le norme varate con l'articolo 19 del Dl 78/10, convertito dalla legge 122/10, obbligano i possessori a denunciare entro il 31 dicembre 2010 i fabbricati non dichiarati (comma 8) e quelli che hanno perduto i requisiti di ruralità (comma 9), a prescindere dalle eventuali liti pendenti fra gli intestati.Del resto, poiché la trascrizione della sentenza delle divisione giudiziale, comporterà necessariamente l'identificazione catastale dei beni, nella fattispecie non c'è alternativa a provvedere agli accatastamenti richiesti, prima della stesura delle sentenza stessa.Infatti, come si farebbe a identificare nella nota di trascrizione un fabbricato mai dichiarato o uno che ha perduto i requisiti di ruralità, privo di rendita?Pertanto, nella fattispecie, è necessario che vengano eseguiti gli accatastamenti entro i termini predetti, a spese di tutti gli interessati e in base alla propria quota di diritto sui beni, non rilevando a chi debbano spettare gli immobili non regolari.Infine, per i fabbricati mai dichiarati, deve essere verificata la regolarità urbanistico-edilizia. In ogni caso l'articolo 13 del D.L. n. 201/2011 prevede l'obbligo della iscrizione nel catasto fabbricati tutte le costruzioni non censite entro il termine del 30 novembre 2012.

Sono proprietario di tre fabbricati rurali opportunamente accatastati, costruiti nel 1950 e ricadenti in zona E (rurale). Volendo costruire un nuovo fabbricato, ricadente sempre in zona E, dello stesso comune ma in località diversa rispetto ai fabbricati già esistenti, è possibile prevedere l'abbattimento dei fabbricati esistenti per il recupero della relativa volumetria? È possibile costruire ex novo un fabbricato di pari volume in località diversa da quella in cui i fabbricati da demolire insistono? Sono necessari atti pubblici di vincolo? Lo status di coltivatore diretto o imprenditore agricolo pùo essere determinante?
In base all'articolo 3, comma 1, lettera d) del Dpr 380/2001 (Testo unico sull'edilizia), nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente.La nuova definizione di ristrutturazione edilizia non richiama più il rispetto dell'area di sedime né il parametro dei materiali edilizi.Con la circolare del ministero delle Infrastrutture n. 4174/2003 è stato affermato, in particolare, che il mancato richiamo dell'area di sedime non comporta la possibilità di consentire la ricostruzione dell'edificio in altro sito, ovvero di posizionarlo all'interno dello stesso lotto in maniera discrezionale.La prima ipotesi è esclusa dal fatto che, comunque, si tratta di un intervento incluso nelle categorie del recupero, per cui una localizzazione in altro ambito risulterebbe palesemente in contrasto con tale obiettivo; quanto alla seconda ipotesi si ritiene che debbono considerarsi ammissibili, in sede di ristrutturazione edilizia, solo modifiche di collocazione rispetto alla precedente area di sedime.Con riguardo alla fattispecie in esame, quindi, la possibilità di procedere alla ricostruzione su altra area agricola con accorpamento delle volumetrie degli edifici demoliti non potrà rientrare nella nozione di ristrutturazione edilizia e sarà consentita solo nel caso in cui le previsioni di piano ammettano un simile intervento con delocalizzazione delle volumetrie.Nel caso si dovranno, inoltre, rispettare le disposizioni contenute nella strumentazione urbanistica vigente per quanto attiene lotto minimo, allineamenti, distanze e distacchi nonché tutte le altre condizioni soggettive richieste (status di coltivatore diretto o imprenditore agricolo).

Nell'ottobre 2008 ho accatastato due magazzini rurali con classamento per entrambi categoria C/2, in base alla proposta del tecnico incaricato, con rendite catastali 58,57 e 60,74. I fabbricati vengono utilizzati per deposito attrezzi, non hanno allacciamenti alle reti dei servizi pubblici (luce, acqua eccetera) e distano circa 10 chilometri dal centro abitato. Per gli anni 2009 e 2010 ho pagato l'Ici in base alle rendite catastali. Sul Sole 24 Ore ho letto che, per essere considerato rurale, un immobile strumentale all'attività agricola deve essere accatastato nella categoria D/10. Risulta, pertanto, errato il classamento proposto dal tecnico ed effettuato dagli uffici del territorio?Se è così, posso ora chiederne la modifica? Ottenuta tale variazione, potrei usufruire dell'esenzione Ici e richiedere anche il rimborso dell'imposta pagata per gli anni 2009 e 2010? Sarei, inoltre, obbligato al pagamento dell'Irpef?
La questione del trattamento dei fabbricati rurali (abitativi e strumentali) è divenuto particolarmente "calda", dopo la pronuncia delle sentenze 18565 e 18570 del 21 agosto 2009, con le quali le sezioni unite civili della Corte di cassazione hanno rinverdito la speranza dei comuni di recuperare l'Ici, nonostante che il comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto legge 207/2008 (convertito, con modificazioni, dalla legge 14/2009) avesse stabilito che ai fini dell'Ici non sono considerati fabbricati le unità immobiliari per le quali ricorrono i requisiti di ruralità previsti dall'articolo 9 del decreto legge 557/93 (convertito, con modificazioni, dalla legge 133/94).Infatti, secondo il supremo collegio di legittimità, soltanto l'accatastamento del fabbricato come "rurale", con l'attribuzione delle categorie A/6 per le unità abitative e D/10 per le costruzioni strumentali all'attività agricola, assicura ai contribuenti l'esclusione dalle imposizioni fiscali. A parere di altri giudici, invece, il riconoscimento della ruralità degli immobili prescinde dal loro accatastamento e, quindi, dalla categoria catastale attribuita a ciascun fabbricato (Corte di cassazione, sezione tributaria, sentenze 24299 e 24300 del 18 novembre 2009; Commissione tributaria regionale Toscana, sezione XVIII, sentenza 13 del 22 febbraio 2010; Commissione tributaria regionale Emilia Romagna, sezione XXIII, sentenza 4 del 18 gennaio 2010). La tesi secondo cui la classificazione catastale dei fabbricati rurali è ininfluente è stata condivisa anche dall'agenzia del Territorio che, con nota del 26 febbraio 2010, ha fornito il proprio contributo interpretativo. Ma la stessa Corte di cassazione (sezione tributaria), con altre decisioni (fra tante, sentenza 7102 del 24 marzo 2010), ha rafforzato il (discutibile) teorema delle sezioni unite.In conclusione, si ritiene che l'iscrizione e la classificazione catastale dei fabbricati rurali (abitativi o strumentali) non assumano particolare significato ai fini dell'Ici, in quanto il citato comma 1-bis dell'articolo 23 del decreto legge 207/2008 ha disposto – con effetto retroattivo dall'anno 1993 – che non possono essere considerati fabbricati «le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità» di cui all'articolo 9 del Dl 557/93, novellato dall'articolo 42-bis del Dl 159/2007 (convertito, con modificazioni, dalla legge 222/2007). Tuttavia, il contribuente può attivarsi per la procedura di riclassamento, se la ritiene più opportuna al fine di una congrua richiesta di rimborso dell'imposta versata e non dovuta. Se, come sembra, i fabbricati in questione sono rurali, non va corrisposta nemmeno l'Irpef, in quanto non si considerano produttivi di reddito fondiario (articolo 43 del Dpr 917/86).

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