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Questo articolo è stato pubblicato il 20 gennaio 2012 alle ore 18:48.

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Ho vissuto in Canada dal 1977 al 1998. Rientrato in Italia e ripresa la residenza (nel 1998) , ho rimpatriato il capitale nel 2002 usufruendo dello scudo fiscale.
Ho in seguito desegretato il tutto versando in un regolare conto corrente presso altra banca. In ottobre del 2010, oltre un anno fa, ho ripreso residenza in Canada e cancellata la residenza con relativa iscrizione all'Aire del mio comune. Naturalmente ho rimpatriato in Canada il capitale disponibile.
Rientro tra coloro che devono pagare la nuova tassa sui capitali scudati, pur non essendo più residente da oltre un anno e non avendo alcun rapporto con la banca usata originariamente per il rientro?

La norma in oggetto (art. 19, comma 12, D.L. n. 201/2011) si riferisce alle "attività finanziarie oggetto di emersione" che alla data del 6 dicembre 2011, sono state in tutto od in parte prelevate dal rapporto di deposito, amministrazione o gestione o comunque dismesse; pertanto, sulla base di un'interpretazione letterale della norma, il presupposto impositivo ai fini dell'applicazione dell'imposta straordinaria del 10 per mille ha natura oggettiva. L'imposta straordinaria è assimilata all'imposta di bollo che trova applicazione indipendentemente dalla residenza fiscale del contribuente, non assume cioé rilievo la residenza fiscale del soggetto che si è avvalso della procedura di emersione. Alla luce di tali considerazioni, si dovrebbe, quindi, propendere per l'applicazione dell'imposta straordinaria anche al caso prospettato dal lettore.

Il mio problema è che -a seguito di concorso pubblico del Ministero degli Esteri- ho insegnato negli Stati Uniti dal 1989 al 1995 ricevendo l'assegno di sede dal Governo italiano presso il Consolato di New York. Nel 1994 ho investito i miei risparmi di quel periodo nella polizza di una Life Insurance americana che prevedeva alla liquidazione il pagamento sia del capitale che degli interessi. Al momento di far rientrare il denaro in Italia ho scoperto che, pur trattandosi di denaro pulito e non esportato (se non dal ministero), si trattava di denaro "irregolare" in quanto io (per ignoranza) non avevo mai compilato il quadro (credo sia l'RW) dichiarativo dell'esistenza di un investimento estero.
Così, liquidata la polizza, nel dicembre 2009, ho utilizzato lo scudo fiscale per trasferire sul mio conto italiano 200mila euro pagando il rateo del 5% non solo sugli interessi ma anche sul capitale.
Ora la manovra aggiunge un altro prelievo che, pur condividendo come cittadino le ragioni generali della misura, si configura nel mio caso come una seconda ingiusta vessazione fiscale. Dal momento che di quanto esposto posseggo prove documentali sia circa la provenienza del denaro sia circa il fatto che nessun versamento aggiuntivo è stato fatto dalla data di stipula del contratto iniziale, vorrei sapere se ho qualche possibilità, e quali, per rappresentare la mia reale situazione ed evitare ulteriori pagamenti.

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