Il Giro d'Italia

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Il Giro d'Italia riparte un po' in sordina. Con gli azzurri alla finestra, favorito Evans

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Questo articolo è stato pubblicato il 07 maggio 2010 alle ore 15:09.
L'ultima modifica è del 24 maggio 2010 alle ore 17:52.


E così eccoci qua. Come il paese, che si avvia a festeggiare tra polemiche e scetticismi il 150 anniversario dell'unità, anche il 93°Giro d' Italia, sua fedele specchio non solo sportivo, parte senza particolari squilli di tromba. E non inganni che la carovana rosa si metta in moto da Amsterdam, scelta europeista già praticata nel 2002 con l'avvio da Groningen .

Questi sconfinamenti fanno parte infatti della tradizione della corsa rosa. Quello che non rientra nel copione è invece il modesto appeal che, almeno alla vigilia, il Giro esercita sugli sportivi e su un paese distratto da ben altre faccende non proprio entusiasmanti. E questo è un handicap grave per una manifestazione che è sempre stata uno straordinario collante di umori e passioni. Non a caso, nel 1946, ripartì subito nonostante le pesantissime ferite della guerra. Vinse Ginettaccio. Era un modo per tornare alla vita e alla normalità. Per risalire, attraverso una corsa in bicicletta e i duelli tra Coppie e Bartali, da un oscuro passato da dimenticare.

Ma adesso? Anche lasciando perdere i paragoni illustri, e remote vicende di un altro secolo, l'attuale quadro di partenza resta poco incoraggiante. Per motivi diversi, quasi sempre comunque riconducibili a storie di doping, partiamo senza un corridore italiano nella rosa dei favoriti. Hai voglia a cercare nel mazzo. Quello più quotato, ma solo per il suo passato, è Ivan Basso che dalla fine della squalifica per l'Operacion Puerto ha vinto solo un Giro del Trentino concludendo al quinto posto il Giro del 2009. Quest'anno è sempre in affanno: in salita, a cronometro, su qualsiasi terreno. I più benevoli dicono che si allena troppo, i più malevoli che, dopo la squalifica, corra a pane e acqua, che insomma ha rinunciato a una benzina con troppi ottani. Resta una chance: che partire in ritardo di condizione sia meglio per arrivare al top nella fase decisiva. Lo speriamo per lui.

Avrebbe dovuto esserci, al Giro, Franco Pellizotti, Un buon corridore che da anni si avvicina alla vittoria finale. Invece, fermato per anomalie al passaporto biologico, non partirà neppure. Al suo posto la Liquigas arruola Vincenzo Nibali, 25 anni, destinato precedentemente al Tour. È bravo, promettente, ma è resta sempre un peso leggero. Se poi aggiungiamo che Cunego e Garzelli partono già puntando solo ai successi di tappa, restiamo appesi a un filo davvero sottilissimo, quello della speranza e dell'imprevisto, o alla scintilla di qualche giovane di belle speranze come Domenico Pozzovivo, scalatore della Basilicata laureato in economia. Certo, altre cartucce le abbiamo. Michele Scarponi, per esempio. Non più giovanissimo, ma attaccante di razza (2 tappe nel 2009), può far scoppiare qualche petardo in un arrivo in salita. Anche Filippo Pozzato, eterno golden boy, può venir fuori in qualche tappa interlocutoria. Ma, come vedete, non c'è trippa, non c'è un nucleo forte su cui contare.

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Tags Correlati: Cadel Evans | Di Luca | Domenico Pozzovivo | Felice Gimondi | Filippo Pozzato | Franco Pellizotti | Ivan Basso | Liquigas - Pata

 

Pazienza. Non è la prima volta che si va di magro. È capitato ai tempi di Indurain, Merckx, Hinault e Anquetil. Però, anche in quelle epoche, c'era sempre una carta da giocare: una volta Bugno, un'altra Gimondi e Adorni, quindi Baronchelli, Moser, Saronni, Contini, Nencini. Insomma, si poteva dar battaglia. Ora invece siamo alla finestra. In assenza di una resurrezione di Basso, non si vede chi possa contrastare il campione del Mondo Cadel Evans, favorito numero uno della corsa, o Carlos Sastre vincitore del Tour 2008 e quarto al Giro dell'anno scorso. Anche Vinokourov, vincitore dell'ultima Liegi, promette all'avvio sfracelli. Non ha un passato limpido, ma la stoffa non si discute. Grande cronoman, formidabile passista. Questi sono pezzi da novanta, corridori dotati sia a cronometro che in salita. Corridori strutturati per una lunga corsa come questa caratterizzata da montagne che non permettono recuperi. Mortirolo e Gavia, Zoncolan e Plan de Corones. Un altimetria da mozzare il fiato disegnata per giganti, non per nanetti.

È un paradosso: in mezzo a tante montagne, abbiamo solo dei nanetti. Purtroppo, non è un caso. Dopo aver giocato troppo col fuoco del doping (Di Luca, Riccò, Rebellin, lo stesso Basso) ci ritroviamo decapitati. Un esercito senza colonnelli. Al punto che già un campioncino acerbo come Vincenzo Nibali sembra già un leader. Che poi non vuol dire: Felice Gimondi vinse un Tour de France arrivando in extremis per sostituire un compagno (Fantinato) indisponibile. Erano altri tempi. Ma nel ciclismo, come nelle stagioni, si va a cicli. E prima o poi, anche se la primavera tarda ad arrivare, smetterà di diluviare.

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