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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2010 alle ore 08:09.
NEW DELHI - Per Sapna Talwar lunedì 8 novembre 2010 sarà una data difficile da dimenticare. E una parte del merito è di un uomo allampanato e sorridente, con i capelli corti e spruzzati di grigio, venuto dagli Stati Uniti con il sogno di cambiare la vita sua e di milioni di indiani come lei. Non si tratta però di Barack Obama che ieri è tornato a parlare del radioso futuro economico dell'India davanti a una selezionatissima platea in cui spiccavano i vertici delle principali banche del paese.
Ma di un italiano di 44 anni di nome Matteo Chiampo che tre anni fa ha lasciato il suo lavoro a Boston per venire a vivere a Delhi e diventare il chief operating officer di Eko, una società che, grazie alla fenomenale diffusione dei cellulari nel Subcontinente, sta riscrivendo le regole del sistema bancario indiano.
Una rivoluzione silenziosa che ieri pomeriggio ha consentito a Sapna, una collaboratrice domestica che a 25 anni scrive ancora il proprio nome con fatica commovente, di scavalcare in cinque minuti tutte le barriere sociali, culturali e burocratiche che le hanno sempre impedito di entrare in una filiale di banca. Anche perché, il suo primo conto, Sapna lo ha aperto nel mezzo di un vicolo buio e pieno di rifiuti, là dove nessun istituto di credito si sognerà mai di accendere un'insegna, ma dove il suo nuovo Nokia prende alla perfezione.
È con il cellulare che potrà versare e ritirare i propri soldi, appoggiandosi a uno dei 900 negozianti che hanno già aderito al progetto, cautelandosi con un sistema di sicurezza povero ma efficace e sapendo che i suoi risparmi non sono in mano a uno sconosciuto: il partner bancario è la State Bank of India, ovvero il più grande istituto di credito del paese. Proprio quello in cui Sapna, non più di un anno fa, aveva tentato senza successo di fare il suo primo deposito.
«Il nostro target - spiega Chiampo - è composto da quelle persone che faticano ad avere i documenti necessari ad aprire un conto corrente. O che, una volta che sono riusciti a raccoglierli, per via del loro aspetto dimesso, rischiano di vedersi negare l'ingresso in banca dalla guardia davanti alla porta. O di venire trattati come se fossero invisibili dagli sportellisti». Non si tratta di una fetta trascurabile della popolazione. A seconda delle stime tra il 25 e il 30% delle famiglie indiane sono unbanked, ovvero non hanno un conto, oppure underbanked, nel senso che hanno un conto ma in una filiale così lontana da dove vivono che svolgere la più elementare delle operazioni può significare il sacrificio di un'intera giornata di lavoro.