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Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2010 alle ore 22:29.
La scaletta del messaggio era già pronta da giorni. E il 31 dicembre, in diretta tv, il capo dello Stato Giorgio Napolitano si rivolgerà agli italiani nel tradizionale discorso di Capodanno per riconoscere un enorme merito. Perché se il paese ha retto davanti all'infuriare della crisi economica, dirà Napolitano, è soprattutto grazie alla capacità di non rassegnarsi che percorre tutta la società. A fronte di una politica a cui invece il presidente della Repubblica non ha risparmiato critiche sollecitando più volte un «salto di qualità».
Insomma, il capo dello Stato chiederà lo sforzo di continuare a guardare lontano, ma non mancherà di denunciare il distacco sempre più pesante tra il palazzo e il paese. Quel paese che, anche nel 2010, Napolitano ha visitato in lungo e in largo. Offrendo ascolto a tutti, anche a quel malessere giovanile esploso nelle contestazioni contro la riforma Gelmini. Il capo dello Stato ha più volte richiamato l'attenzione sul disagio dei giovani e già nel 2009 aveva chiesto l'impegno delle istituzioni. Un appello che Napolitano tornerà a lanciare anche nel discorso di venerdì. Le sfide che attendono il paese, sottolineerà poi il presidente, non sono certo concluse e Napolitano le ricorderà agli italiani con la consueta schiettezza. Lo farà, però, rimarcando la speranza che la politica sappia aprire una fase nuova e richiamando tutti alla compattezza e alla condivisione, in vista di un 2011 difficile che coinciderà con i 150 anni dell'Unità d'Italia.
Un passato che il Sole24ore.com ha ripercorso individuando i dieci discorsi di fine anno più significativi pronunciati dai presidenti della Repubblica. Tradizione inaugurata dal Luigi Einaudi nel 1949 di cui vi riproponiamo il breve intervento. Da lì il viaggio continua attraverso lo specchio di un paese che ha saputo affrontare e vincere imprese difficili. Così potrete riscoprire le parole di Antonio Segni nel 1963, segnato dalla morte di Kennedy e di Giovanni XXIII, dalla tragedia del Vajont, ma anche dalla definitiva rottura tra Cina e Urss. Avvenimenti che riecheggiano nel messaggio del capo dello Stato sempre attento a cogliere il clima del momento. Lo farà anche il suo successore Giuseppe Saragat nel 1969 dell'autunno caldo e della strage di piazza Fontana, cui è dedicato l'esordio del suo messaggio agli italiani.