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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2011 alle ore 13:48.
La smentita di Essam Gheriani: è tutta propaganda
«Ci sono troppi bugiardi che parlano in tv, la minaccia di Saif Al Islam è solo propaganda». Così Essam Gheriani, rappresentante del consiglio transitorio libico di Bengasi, ha commentato, parlando con l'Ansa, l'intervista in cui il figlio di Gheddafi ha annunciato che contro i ribelli della Cirenaica «tutto sarà finito in 48 ore». Le truppe lealiste «non sono in grado di prendere Bengasi», ha aggiunto.
Casa Bianca e Onu: improbabili i raid aerei mirati
La Casa Bianca sta anche valutando eventuali raid aerei contro i carri armati e l'artiglieria di Gheddafi e l'invio di personale per sostenere i ribelli, ma alla luce delle divisioni emerse sulla no-fly zone, sottolinea il Nyt, queste ultime due opzioni vengono ritenute molto improbabili. Contempla anche una no-fly zone sull'intera Libia il progetto di risoluzione per fermare il colonnello Muammar Gheddafi presentato ieri sera al Consiglio di sicurezza dell'Onu da Francia, Gran Bretagna e Libano. Lo scrive l'edizione online del Figaro sottolineando che l'opzione non era stata esplicitamente invocata dal G8 di Parigi, che ha solamente auspicato, nelle sue conclusioni, che l'Onu esamini «con urgenza, una vasta gamma di misure volte a garantire la protezione della popolazione libica».
Alla bozza fa oggi riferimento il capo della diplomazia francese, Alain Juppé, sul suo blog, senza menzionare esplicitamente la no fly zone: il capo del Quai d'Orsay ricorda «che Francia e Gran Bretagna propongono da due settimane dei raid mirati». Del resto lo stesso Juppé aveva affermato ieri, a margine dei lavori del G8, che la no fly zone era "superata" in base agli sviluppi sul campo delle forze di Gheddafi di fronte agli insorti. «Solo la minaccia dell'uso della forza può fermare Gheddafi», scrive oggi Juppé sul suo blog aggiungendo che «diversi paesi arabi sono pronti a partecipare» ad una operazione militare. «Non è ancora troppo tardi per intervenire», sottolinea il ministro prima di concludere ottimisticamente: «La Francia, con la Gran Bretagna e il Libano hanno appena depositato a New York il progetto di risoluzione che ci darà l'atteso mandato».
Saif: ho dato soldi a Sarkozy per le elezioni. L'Eliseo chiede all'Onu la no-fly zone
Saif al Islam rivela quello che potrebbe essere il secondo episodio dello stesso copione: la rivolta nel mondo arabo che mette in difficoltà il potere in Francia. Prima il ministro degli Esteri francese Michèle Alliot-Marie si è dovuta dimettere perché difendeva la repressione in Tunisia mentre era in vacanza sull'aereo del dittatore Ben Ali. OraSaif al Islam Gheddafi, nell'intervista a Euronews, fa accuse pesanti a Nicolas Sarkozy: sostiene che la campagna elettorale del presidente francese è stata finanziata con soldi libici. Il figlio di Gheddafi ha annunciato la prossima diffusione di documenti che attestano questi versamenti ma in questo caso la Francia ha appoggiato i ribelli: è stato il primo paese a riconoscere il Consiglio nazionale della rivoluzione di Bengasi.
Saif rinfaccia adesso il sostegno al presidente: «Per prima cosa occorre che Sarkozy restituisca alla Libia i soldi con cui ha finanziato la sua campagna elettorale - dice - siamo noi ad aver finanziato la sua campagna, abbiamo a disposizione tutti i documenti e siamo pronti a renderli pubblici. Ecco la prima cosa che chiediamo a questo pagliaccio: ridarci i soldi del popolo libico. Ci hai deluso: ridacci il nostro denaro. Abbiamo ogni dettaglio: conti bancari, documenti, operazioni di trasferimento e presto riveleremo tutto». Poche ore dopo il presidente Sarkozy, per niente intimidito da queste accuse, fa la sua contromossa: chiede al consiglio di sicurezza dell'Onu di appoggiare l'appello per la creazione di una no fly zone in Libia.
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