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Questo articolo è stato pubblicato il 16 marzo 2011 alle ore 06:37.

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Tremonti e il ministro greco delle finanze Papakonstantinou (Epa)Tremonti e il ministro greco delle finanze Papakonstantinou (Epa)

Nel giorno in cui i ministri finanziari raggiungono l'intesa per la nuova governance europea, consegnando il dossier al vaglio dei capi di stato e di governo, il ministro dell'Economia Giulio Tremonti definisce l'accordo come «l'unico possibile per l'Europa e buono per l'Italia». Il riferimento al debito pubblico e alle altre variabili, quali il livello complessivo dell'indebitamento privato e gli altri «fattori rilevanti», va in effetti in direzione delle richieste avanzate a più riprese dall'Italia. «Alla fine è passata la linea della Commissione europea con molti elementi italiani», sintetizza il ministro.

Tremonti guarda con interesse alla possibilità che il Fondo anti-crisi (Efsf) possa acquistare titoli pubblici sul mercato primario. «Difficile prevedere quando avverrà, ma è un passo verso gli eurobond». Del resto - osserva - basta pensare che nel 2008 il fondo era considerato improponibile, nel 2009 si è aperto il negoziato e nel 2010, sull'onda della crisi dei debiti sovrani, si è messo in campo «un primo tentativo». Ora lo strumento è operativo, diverrà permanente, anche se la discussione tecnica sulle modalità di partecipazione ai 440 miliardi «effettivamente impegnabili» è tuttora in corso.

Quanto al nuovo patto di stabilità, è stato vinto lo scetticismo di quanti, Germania in testa, avevano espresso riserve sulla non automaticità delle sanzioni. Le critiche del numero uno della Bce, Jean-Claude Trichet? «Chiedetelo a lui», taglia corto Tremonti. La prova sul campo decreterà il successo o il fallimento del nuovo meccanismo. Per l'Italia - conferma il direttore generale del Tesoro, Vittorio Grilli - se ne parlerà nel 2015. La considerazione degli altri fattori rilevanti, tra cui compaiono lo stato di salute delle banche, le partite correnti e il risparmio privato, consentirà di avere a disposizione un'analisi «anche qualitativa del debito pubblico. In tal modo sarà possibile modulare il ritmo di riduzione che verrà deciso dal Consiglio, e che non sarà dunque automaticamente di un ventesimo l'anno della parte eccedente il 60% del Pil». Per quel che riguarda la parte preventiva del Patto, la linea è di confermare la disciplina di bilancio anche nei «good times», e tuttavia - osserva Grilli - «i paesi ad alto debito pubblico non dovranno fare automaticamente correzioni del deficit maggiori allo 0,5% annuo. Si valuterà caso per caso».

La partita si sposta ora sul riconoscimento di quello che Tremonti definisce il «dualismo dell'economia italiana». In sostanza, una fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno compatibile con le regole europee. «Puntiamo su qualcosa di più del riconoscimento regionale. Si è aperta la strada per maggiori flessibilità sulle regole», comprese dunque quelle relative appunto agli aiuti di stato. Il riferimento è al passaggio della dichiarazione conclusiva del vertice dei ministri finanziari, in cui si evoca espressamente la possibilità di mettere in campo «strumenti specifici e iniziative comuni ai fini della promozione della produttività nelle regioni in ritardo di sviluppo».

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