Storia dell'articolo

Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 05 aprile 2011 alle ore 06:36.

My24

«Un posto su otto! E siamo il secondo partito di governo!». In casa leghista il malumore resta anonimo ma non viene affatto dissimulato. E anche quando si parla della vittoria che hanno portato a casa – Giuseppe Orsi in Finmeccanica – sembra che non basti a rincuorare le ambizioni sbocciate durante questa partita delle nomine.

Le mire dei "padani" si erano infatti spinte molto in là al punto che ieri – alla chiusura dei giochi – si parlava apertamente di un bilancio in perdita per Bossi e i suoi. Una sconfitta che brucia perché, in questi rinnovi di primavera, la Lega c'era entrata con una certa baldanza, puntando a poltrone chiave che avrebbero determinato un suo upgrade nella geografia economica nazionale. Si era parlato non solo dell'amministratore delegato di Finmeccanica ma pure delle Poste e della presidenza di Enel con in ballo tanti nomi: Danilo Broggi e Roberto Castelli, Mauro Michielon e Gianfranco Tosi. Invece in attivo c'è solo un risultato, Giuseppe Orsi: ad dell'AgustaWestland, azienda di Finmeccanica con sede in provincia di Varese e che – anche in ragione territoriale – ultimamente è stato iscritto nell'area di influenza leghista. E, in particolare dei varesini Bossi-Maroni-Giorgetti.

Ma pure su quest'unica "bandierina", i leghisti frenano gli entusiasmi: «Una vittoria? I conti si faranno dopo», dicono. Già, perché come sibila un esponente leghista che ha seguito la partita-nomine da vicino, «Guarguaglini non va mica in pensione». Un modo per rimarcare che il timone di comando di Finmeccanica è ancora coperto da un punto interrogativo: quello delle deleghe tra presidente e amministratore delegato. Una partita che si aprirà ora e solo tra un mese si potrà dire se il Carroccio l'ha spuntata oppure no. Intanto la Lega mastica amaro e legge in questa sconfitta non solo il braccio di ferro tra Letta e Tremonti ma se la prende soprattutto con l'establishment nazionale, «quelli che hanno ispirato commenti giornalistici contro di noi indicandoci come i nuovi lottizzatori solo per tenerci ai margini», si sfoga un leghista.

Alla fine, il segno è passivo. E se il "sole della padania" brillerà (forse) in Finmeccanica, è invece decisamente tramontato alle Poste. È qui che il Carroccio sente davvero di aver perso la sua battaglia. E non solo per la posizione di amministratore delegato – per cui si puntava su Danilo Broggi, ad della Consip vicinissimo a Roberto Maroni – ma anche per il posto da presidente. Su quella sedia la Lega aveva sponsorizzato Mauro Michielon, nel consiglio di amministrazione di Poste da svariati anni, che non è riuscito a farcela. Eppure quello doveva essere un "cadeau" al partito veneto, in particolare al segretario regionale Gian Paolo Gobbo, trevigiano come Michielon, molto vicino a Bossi e al cosiddetto "cerchio magico" leghista. E invece non solo Michielon non l'ha spuntata ma addirittura è uscito dal cda, scalzato da un altro leghista veneto: il vicentino Antonio Mondardo, già assessore all'ambiente della provincia e pure vicepresidente, che mette insieme le varie fazioni venete Gobbo-Zaia-Tosi.

Il "colpaccio" alle Poste non è andato a segno, così come non sono andate a segno nomine in più nei consigli di amministrazione. Viene confermato Dario Galli in Finmeccanica e Gianfranco Tosi al Cda dell'Enel ma anche qui c'è un po' di delusione. Lui, che nella mappa leghista è un uomo vicino a Giorgetti, era uno dei nomi che girava per la presidenza di Enel e non era la prima volta. Ma anche questa volta niente da fare. Conferma pure per Paolo Marchioni all'Eni, vicino al Governatore del Piemonte Roberto Cota. Ma appunto le riconferme segnano un pareggio mentre la non-nomina di Roberto Castelli all'Enel segna un altro punto a sfavore. «Erano tutte chiacchiere giornalistiche messe in giro senza fondamento. Era chiaro che Castelli non sarebbe entrato in partita perché si sarebbe dovuto dimettere tempo prima dal governo», replica secco Massimo Garavaglia, senatore leghista della commissione Bilancio, uomo di fiducia di Giancarlo Giorgetti. Garavaglia fa riferimento alla norma sull'incompatibilità tra incarichi di Governo e in aziende di Stato togliendo così di mezzo un'altra sconfitta che molti hanno già messo in conto al Carroccio.

Insomma, tirando le somme, l'ad di Finmeccanica non basta per dire che la Lega ha vinto. «Non si lamentino Bossi e i suoi. Avere la guida di Finmeccanica equivale a tre ministeri. In più hanno anche l'Economia, visto che Tremonti è con loro, quindi possono dirsi soddisfatti». A parlare così ieri era Osvaldo Napoli, vicepresidente dei deputati Pdl e molto vicino al premier, che respingeva preventivamente nuove rivendicazioni leghiste. Del resto, la tensione tra i due alleati è già alle stelle sugli immigrati e in vista delle amministrative. «Una competizione sana», precisa Garavaglia che sulle nomine respinge le accuse. «Non ci muoviamo con il Cencelli. La nostra logica è affidare i ruoli a chi è competente: è la logica per cui Orsi è in Finmeccanica». Una affermazione che strappa una risata a Bruno Tabacci. «Orsi leghista? Mi viene da ridere, è un manager affermato che non ha bisogno dei padani. Così come è assurdo aver battezzato Ponzellini come uomo della Lega», commenta sarcastico il deputato dell'Api e massimo esperto di economia e aziende di Stato. «Bossi – aggiunge Tabacci – è uscito da questa partita come ci era entrato: con la voglia di essere protagonista di tutto ma senza riuscirci». Se è vero si vedrà nella prossima puntata: quella delle deleghe.

Shopping24

Dai nostri archivi