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Questo articolo è stato pubblicato il 07 aprile 2011 alle ore 20:09.

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Il Portogallo ha annunciato la richiesta formale di un aiuto da 80 miliardi di euro. Il terzo Paese dell'Eurozona a chiedere un salvataggio di Stato dopo Grecia e Irlanda si è così rivolto all'Unione europea che dovrà decidere modi e tempi del soccorso. Il governo di Lisbona ha dunque ceduto, dopo le smentite dei giorni scorsi, complice anche l'inarrestabile aumento dei rendimenti richiesti dai mercati ai suoi titoli di Stato. Il ministro Pedro Silva Pereira ha detto che la richiesta tiene conto dei limiti legati al fatto che il Paese sarà amministrato da un governo provvisorio fino alle elezioni politiche del 5 giugno.

L'Eurogruppo di venerdì e l'Ecofin di questa sera e domani, a cui parteciperanno ministri e banchieri centrali, cominceranno informalmente a discutere la richiesta di aiuto. I negoziati dureranno due-tre settimane. La cifra del salvataggio è la stessa che a fine marzo era stata indicata come appropriata dal presidente dell'Eurogruppo, Jean-Claude Juncker.

Le condizioni della Francia, il favore della Germania
Il ministro dell'Economia francese, Christine Lagarde, ha detto che il Portogallo deve fare uno sforzo per assicurarsi l'aiuto dell'Unione europea, spiegando che saranno poste alcune condizioni. «È stata avanzata una richiesta - ha spiegato Lagarde - ora dobbiamo essere pronti a rispondere, ed esaminare le condizioni a cui il prestito sarà soggetto. Stasera partirò per Budapest (dove è in programma una riunione informale dell'Ecofin, ndr) - ha aggiunto - e cominceremo a discuterne domani mattina». In mattinata il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble aveva accolto con favore la richiesta del Portogallo (non ancora formalizzata), considerando il sostegno europeo «ragionevole e necessario». «Anche i mercati sembrano d'accordo con questo approccio, viste le prime reazioni» ha aggiunto il ministro.

La mattina di Budapest
Il dimissionario ministro delle Finanze portoghese, Fernando Texeira Dos Santos, farà il punto della situazione finanziaria e politica del suo Paese venerdì mattina all'Eurogruppo riunito a Budapest. Poi la discussione si allargherà a tutti i ministri finanziari e a tutti i banchieri centrali dei 27, riuniti fino a sabato nei pressi della capitale ungherese in occasione dell'Ecofin informale organizzato dalla presidenza di turno dell'Unione. Ai lavori prenderà parte anche il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, che ha confermato di aver «incoraggiato» il Portogallo a chiedere aiuto: «Perché è ciò che richiede la situazione» ha spiegato. Una situazione ben descritta dai numeri: tra aprile e giugno Lisbona dovrà fare fronte a titoli in scadenza per 9 miliardi di euro, con i rendimenti oramai schizzati alle stelle. E con la crisi politica a complicare le cose.

Preoccupa il contagio alla Spagna
Ma la preoccupazione dell'Ecofin - come emerge dai documenti preparatori della riunione di Budapest - è soprattutto quella di un possibile contagio della crisi ad altri Paesi dell'Eurozona: in primis la Spagna, esposta verso il Portogallo per circa 105 miliardi di euro. Ma a escludere un eventuale crollo di Madrid non è solo il ministro delle Finanze spagnolo, Elena Salgado, ma anche la Commissione Ue: «La Spagna sta seguendo correttamente il percorso intrapreso per l'aggiustamento dei conti pubblici e per le riforme», ha assicurato il portavoce del commissario agli Affari economici e monetari, Olli Rehn. Anche il segretario generale dell'Ocse, Angel Gurria, spiega: «La Spagna non ha gli stessi problemi del Portogallo e finora ha fatto quello che doveva fare. Il governo ha infatti affrontato tutte e quattro le questioni chiave: la riduzione del deficit, la riforma del mercato del lavoro, la riforma delle pensioni e quella delle banche e del sistema finanziario. Tutte misure - ha aggiunto - adeguate per ritrovare la fiducia dei mercati. Ma di questi tempi - ha ammonito Gurria - non bisogna mai cantare definitivamente vittoria». Dunque, la guardia deve restare alta.

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