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Questo articolo è stato pubblicato il 06 maggio 2011 alle ore 17:10.

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Poche ore al via del Giro d'Italia, poco più di un mese al varo ufficiale della missione olimpica per Londra 2012, col sopralluogo sul percorso che ospiterà la prova in linea ai Giochi londinesi. Il cronometro del ciclismo italiano viaggia su questi due binari paralleli. Che pure, sulla strada che porta a Olimpia, si toccano e si intrecciano più volte.

Perché anche dalla corsa rosa possono arrivare suggerimenti, spunti, indicazioni tecniche preziose per provare ad agguantare un podio a cinque cerchi.

Grillo d'oro - «Ho respirato l'atmosfera olimpica a Sydney 2000, ad Atene 2004 e a Pechino 2008. È qualcosa di entusiasmante, e la vittoria ad Atene è stata sicuramente la più importante della mia carriera». Bastano poche parole scambiate al telefono per rendersi conto di quanto sia sincero l'entusiasmo a cinque cerchi di Paolo Bettini. Il grande cacciatore di classiche del nostro ciclismo, due volte campione del mondo, si appresta a vivere la sua prima olimpiade da cittì, dopo essere salito sull'ammiraglia azzurra in seguito alla tragica scomparsa di Franco Ballerini. È proprio il "Grillo" ad annodare il filo rosa del Giro e quello azzurro ai cinque cerchi olimpici. «Una corsa a tappe come il Giro può essere molto utile per costruire il gruppo azzurro – spiega il cittì – perché fa emergere, dal punto di vista tattico, quei corridori capaci di mettersi a disposizione dei campioni, delle punte. È l'occasione giusta per individuare, in mezzo al gruppo, chi davvero può essere utile per costruire le fondamenta della squadra». Discorso poi che vale ancora di più in prospettiva Londra, per due motivi specifici: «La corsa in linea olimpica si disputa con squadre di cinque atleti – ricorda Bettini -: diventa molto difficile controllare la gara, e serve un gruppo capace sia di lavorare in armonia che di essere in grado di poter piazzare il colpo vincente». Quello londinese, poi, potrebbe non essere un percorso troppo selettivo, dal punto di vista altimetrico: «Andrò a visionarlo di persona il mese prossimo, ma tutto fa pensare a un percorso adatto ai velocisti, in cui la selezione la faranno ritmo e velocità, più che le salite», evidenzia Bettini, che da quando è cittì è varato un modo nuovo di costruire la squadra azzurra, dando corpo a un'intuizione dello stesso Ballerini. «Credo che l'effettuare raduni periodici sia il modo migliore di lavorare insieme. Un gruppo azzurro non si costruisce con una telefonata o una breve chiacchierata alla partenza di una corsa, ma lavorando insieme, allenandosi insieme su strada. Sono sicuro che di questo sforzo organizzativo raccoglieremo i frutti, anche a Londra».

Donne d'assalto - Con Bettini, a svolgere il sopralluogo olimpico, ci sarà anche Dino Salvoldi, cittì del settore femminile, su strada e pista. Problemi simili, quelli dei due cittì, in vista dell'appuntamento londinese. Ma nel mettere in piedi la squadra, forse, Salvoldi ha anche qualche grattacapo in più del Grillo. «Nella gara in linea olimpica femminile parteciperanno al massimo 62 atlete, e solo le prime cinque nazioni del ranking potranno schierarne 4. Attualmente, noi siamo proprio in quinta posizione...». E dire però che nel ciclismo in rosa siamo una delle potenze mondiali: basti ricordare i tre titoli mondiali negli ultimi quattro anni con Bastianelli, Guderzo e Bronzini, e il terzo posto a Pechino 2008 della stessa Tatiana Guderzo. «Ma le avversarie non mancano – sottolinea Salvoldi -: australiane, inglesi, tedesche, l'olandese Voss, la svedese Johansson; insomma è più complicato qualificarsi che poi farla, quest'Olimpiade!», scherza il cittì.

Vergogna olimpica – Londra 2012 sarà anche l'occasione, per il ciclismo azzurro, per cancellare la vergogna di Pechino: l'argento conquistato da Davide Rebellin nella prova in linea, e che nei mesi successivi è diventata la prima medaglia olimpica nella storia dello sport italiano cancellata per doping (preceduta alla vigilia dei Giochi dallo stop della Bastianelli per positività a un prodotto dimagrante non ammesso). Anche il ricordo di quell'argento avvelenato (oltre all'energico richiamo del presidente del Coni Petrucci in seguito ai recenti sviluppi dell'inchiesta della procura di Mantova sul caso – Lampre) hanno portato la federciclismo a varare nuove e più stringenti misure di contrasto al doping: «Sanzioni raddoppiate da 2 a 4 anni per i corridori positivi e radiazione immediata per tutte le altre figure professionali coinvolte in casi di doping, oltre a pene pecuniarie più altre e controlli più severi nelle categorie giovanili», spiega il presidente federale Renato Di Rocco, fiducioso che le nuove norme vengano ora recepite da Uci (Federazione Internazionale, di cui Di Rocco è vicepresidente) e Wada (agenzia mondiale anti-doping). «Ma il lavoro che stiamo facendo è più profondo – chiarisce Di Rocco - che vuole cambiare il quadro culturale del ciclismo: anche a livello di Giovanissimi, aboliremo ordini d'arrivo e classifiche, per spegnere gli ardori di certi genitori che spesso, con la loro voglia di vincere attraverso il talento dei figli, creano i primi presupposti di una mentalità sbagliata e fuoriviante».

Pista in salita – Tornando alla marcia d'avvicinamento olimpica, preoccupa la situazione della pista italiana, tradizionale vena aurea del nostro medagliere (basati pensare a nomi come Gaiardoni, Giovanni Lombardi, la coppia Martinello-Villa, Antonella Bellutti tra le donne), ora inariditasi al punto che rischiamo di portare a Londra un solo atleta di livello (Elia Viviani). Senza contare che proprio il varo delle nuove norme antidoping ha portato in questi giorni all'allontanamento del cittì degli uomini Andrea Colinelli (campione olimpico ad Atlanta 96), squalificato per 7 mesi nel 2001.

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