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Questo articolo è stato pubblicato il 12 giugno 2011 alle ore 14:15.
L'ultima modifica è del 12 giugno 2011 alle ore 08:15.
I calcoli che fanno sono più o meno questi. Che poco meno di 18 milioni sono i voti che potenzialmente potrebbe rastrellare tutto il fronte delle opposizioni e che però ce ne vogliono all'incirca altri 7 milioni - da mobilitare tra gli elettori di centro-destra - per toccare il quorum (fissato a 25.209.425 votanti).
Questi sono i conti che affannano i protagonisti dei due schieramenti contrapposti: quelli del «sì» che abbracciano tutto il campo del centro-sinistra e un pezzo di opposizione di centro e Fli; e quelli dell'astensione capitanata da Silvio Berlusconi che ha espresso il suo diritto al non-voto insieme a Umberto Bossi che lo ha detto per interposta persona (il suo capogruppo alla Camera, Marco Reguzzoni).
E infatti dietro il calcolo dei numeri c'è la sorte politica di chi si è esposto in questa battaglia sui quattro quesiti: due sull'acqua, uno sul nucleare e l'altro sul legittimo impedimento. Già perché quel che è certo è che non si potrà de-politicizzare l'esito di questo referendum che sarà davvero un "evento" se dopo anni riuscirà a sfondare il muro del quorum, del 50 più uno. Dunque ecco chi si gioca questa partita e rischia di uscirne vincente o sconfitto.
Il premier è di certo il bersaglio grosso: lui è nel mirino con la richiesta di abrogazione del legittimo impedimento, norma fatta proprio per gestire le sue vicende processuali. È chiaro che un'ondata di sì darà una scossa - forse finale - alla sua premiership e poi anche alla leadership del Pdl. E non solo perché lui si è schierato dalla parte del non-voto ma soprattutto perché più della metà degli italiani si mobiliterebbero per puntargli il dito contro. A quel punto sarà davvero difficile tenere una maggioranza compatta e, ancora di più, una Lega dentro al Governo. Se domani le urne daranno il quorum è difficile che a Pontida il Cavaliere non venga processato. E ancora più difficile sarà superare la prova della verifica del 22 giugno che non potrà più essere - come annunciato dallo stesso premier - un passaggio senza voto di fiducia.
L'altro leader che rischia è Umberto Bossi, rischi minori e più contenuti perché la Lega si è guardata bene dall'esprimersi lasciando libertà di coscienza ai suoi elettori. Poi, però, ha fatto sapere che il Senatur non si recherà alle urne ma tutti questi sono segni di debolezza non di forza. Segni di incertezza innanzitutto verso la propria base che il Carroccio sembra faccia fatica a capire e governare.
Dall'altra parte c'è Pierluigi Bersani che si è molto esposto sulla battaglia referendaria cercando di cavalcare un clima girato a favore del centro-sinistra con le amministrative. Dunque, l'offensiva è stata fatta fino in fondo abbracciando perfino il sì a dei quesiti - come quelli sull'acqua - che non rappresentano coerentemente ciò che il Pd ha detto fino qui sulle liberalizzazioni. Un'inversione a U che ha delle ragioni politiche e non solo per il tentativo di spallata al premier ma anche perché aggiunge mastice a un'alleanza a sinistra con Vendola e Di Pietro già sperimentata con il voto locale.
E proprio l'ex pm è l'altro esponente di sinistra che più rischia da questo risultato referendario. Lui si è molto esposto insieme a Nichi Vendola, ma sia l'acqua che il nucleare sono un terreno che appartiene più a Sel che non all'Idv. Dunque, per la sinistra vendoliana è una battaglia coerente e doverosa mentre per Di Pietro si trasforma in un test politico dopo il deludente esito delle amministrative in cui l'Idv ha perso voti quasi ovunque, con l'eccezione di Napoli grazie a Luigi De Magistris.
QUANDO SI VOTA
Si vota oggi dalle ore 8 alle ore 22 e domani dalle ore 7 alle ore 15. All'elettore saranno consegnate quattro schede di colore diverso: rosso e giallo per i quesiti sull'acqua, grigio per il nucleare e verde per il legittimo impedimento. Ciascun elettore ha diritto di esprimere il voto, con la matita copiativa, tracciando un segno sul riquadro corrispondente alla risposta da lui prescelta. Votando sì, il cittadino esprime la volontà di abrogare le norme sottoposte a referendum; votando no esprime la volontà di mantenere in vigore le norme sottoposte a referendum. È possibile ritirare, e quindi votare, anche solamente la scheda per uno o per alcuni dei quesiti referendari
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